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Facebook compie 20 anni e cambia business model - Intervento di Guido Scorza

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Facebook compie 20 anni e cambia business model
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(MilanoFinanza, 10 febbraio 2024)

Facebook, il decano dei social network ha appena compiuto vent’anni. Irresistibile, in giro per il mondo, la tentazione, di proporre bilanci, giudizi e previsioni sul suo futuro. Oltre due miliardi di persone, un quarto della popolazione mondiale, ogni giorno accedono alle sue pagine ma, negli Stati Uniti, negli ultimi due anni, il 13% degli utenti teenager lo ha abbandonato e gli ha preferito altri social network. Resta insomma il social più utilizzato al mondo ma sembra, ormai, incapace di intercettare i gusti dei più giovani. E però guai a dimenticare che molti di quegli adolescenti in fuga da Facebook sono approdati e usano quotidianamente Instagram e Whatsapp che, quando è nato Facebook non esistevano e che condividono con quest’ultimo la capogruppo Meta. Egualmente non definitivi sono i dati relativi alla diffusione di Facebook in giro per il mondo perché se è vero che negli Usa e in Europa, gli utenti crescono molto meno che in passato è altrettanto vero che, nel Sud del mondo, i numeri dei nuovi utenti vanno a gonfie vele.

Difficile fare pronostici. Senza dimenticare che vent’anni di un social network equivalgono probabilmente a oltre un secolo di una persona in carne ed ossa o di un’azienda tradizionale perché nel mondo dei bit le cose corrono veloci e la distanza che c’è tra le stelle e la polvere si conta spesso in settimane. Interpretare i desideri di un quarto dell’umanità ogni giorno, vent’anni dopo la prima volta è un risultato che Facebook condivide con pochissimi altri giganti tecnologici in giro per il mondo: Google, Apple, Amazon e Microsoft. Troppo presto, quindi, per parlare di canto del cigno, per prepararsi a intonare il de profundis, per parlare di fine di un’epoca.

Certo è innegabile che Facebook non è più quello di una volta. Ma, d’altra parte, anche il mercato digitale non è più quello del quale il gigante bianco e blu dei social network ha conquistato, per primo, vette altissime. È, innanzitutto, un mercato più affollato. E se si considera che quello digitale è un mercato nel quale i protagonisti si contendono, essenzialmente, il tempo e l’attenzione degli utenti è evidente che a ogni nuovo ingresso, sussiste, almeno potenzialmente, il rischio che chi c’era debba rinunciare a un po’ del tempo dei propri utenti.

Ma questo non sembrerebbe essere accaduto in casa Facebook, se è vero come ha annunciato soddisfatto Mark Zuckerberg in ottobre che ha, addirittura, visto aumentare il tempo medio di attenzione dei propri utenti del 7%, rispetto all’anno precedente.

Ma concorrenti a parte, non c’è dubbio che quello che oggi pure continua a chiamarsi Facebook ha poco da condividere con la creatura uscita dal dormitorio di Zuckerberg. È gratis e lo sarà per sempre», diceva così il pay off che ha campeggiato sotto il logo del social network per oltre Mark Zuc due lustri. Oggi non c’è più, sostituito da un decisamente meno nobile e radicale «È veloce e semplice». Alla base della modifica, dapprima una decisione dell’Autorità antitrust italiana che ha ricordato al social network che non poteva presentarsi al mondo come gratuito considerato che i suoi utenti pagavano in dati personali il diritto a usarlo e, quindi, una vera e propria retromarcia degli uomini di Menlo Park che, messi alle strette dalle autorità di protezione dei dati personali europee che hanno loro contestato la tesi secondo la quale sarebbero gli utenti a richiedere di ricevere pubblicità personalizzata, hanno deciso di «calare la maschera» e iniziare a chiedere agli utenti di scegliere se prestare il consenso a lasciarsi profilare per finalità promozionale o pagare un abbonamento mensile. Insomma, Facebook forse non era gratis per davvero neppure quando diceva di esserlo ma, certamente, non lo è oggi.Una differenza non di poco conto.

Ma se si va alla ricerca di ragioni per ritenere che, verosimilmente, al di là delle apparenze Facebook è lontano dal capolinea, la prima e la più importante di tutte, probabilmente, è rappresentata dal livello di accuratezza con la quale il social network più popolare e longevo di tutti i tempi ci conosce.Un patrimonio di conoscenza su miliardi di persone che pochissimi nell’agone digitale possono dire di condividere e un patrimonio che specie in una stagione nella quale a decretare successo e insuccesso sui mercati sono e saranno sempre di più algoritmi straordinariamente voraci di dati personali – può e potrà garantire al social network bianco e blu ancora lunghissima vita, sebbene, magackerberg ri, mutando pelle ancora decine di volte. Ma il gigante ha un tallone d’Achile.Il suo attuale modello di business – pay or ok, paga o presta il consenso al trattamento dei dati personali – è sub iudice e se le autorità di protezione dei dati personali europee dovessero decidere che non va bene, che non è lecito perché mercifica un diritto fondamentale come la privacy oltre i limiti del sostenibile, non sarebbe facile per Zuckerberg e i suoi manager trovare una soluzione alternativa per continuare a estrarre ricchezza e potere almeno dai giacimenti europei di dati personali. A quel punto, i prossimi vent’anni, davvero non sarebbero scontati.