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Parere su istanza di accesso civico - 21 maggio 2021 [9688057]

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[doc. web n. 9688057]

Parere su istanza di accesso civico - 21 maggio 2021

Registro dei provvedimenti
n. 205 del 21 maggio 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell'organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame su un provvedimento di diniego di accesso civico.

Dall’istruttoria risulta che è stata presentata una richiesta di accesso civico – ai sensi dell’art. 5 comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – avente a oggetto diversi documenti, fra cui il verbale di una seduta del Consiglio dell’Ordine «comprensivo delle pagine di trattazione del punto 2 dell’ordine del giorno ed attualmente pubblicato sul sito dell’Ordine nella sezione Amministrazione Trasparente ma coperto in tali pagine, da 3 a 10, da omissis».

L’amministrazione ha rifiutato l’ostensione delle parti del predetto verbale omissate nella pubblicazione, anche alla luce dell’opposizione presentata da uno dei controinteressati, ritenendo sussistere «un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi privati specificamente indicati dalla norma e cioè, fra gli altri, quello della “protezione dei dati personali”».

Il richiedente l’accesso civico ha presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT dell’Ordine (art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013), ritenendolo non legittimo e insistendo nelle proprie richieste.

OSSERVA

Il caso sottoposto all’attenzione del Garante riguarda l’ostensione, tramite l’istituto dell’accesso civico, di una specifica parte di un verbale (pagine da 3 a 10) relativo a una seduta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia.

La normativa di settore – fermo restando l’obbligo di seduta pubblica per l’assunzione dell’impegno solenne di cui all’art. 8 della legge n. 247 del 31/12/2012 – non prevede un regime di pubblicità delle sedute e dei relativi verbali del Consiglio dell’Ordine. Quest’ultimo, ai sensi della normativa di settore, determina «la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge» (art. 24, comma 3, l. n. 247/2012). Risulta, in ogni caso, che per finalità di trasparenza e nell’ambito della propria autonomia decisionale (cfr. anche art. 7-bis, comma 3, d. lgs. n. 33/2013), il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia pubblica online, oltre all’ordine del giorno (cfr. art. 2, comma 6, del proprio «Regolamento di organizzazione dei lavori del consiglio dell’Ordine e delle commissioni») anche i verbali delle sedute con le omissioni ritenute necessarie (ad esempio per tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti).

Nella fattispecie in esame, oggetto di accesso civico sono proprio le pagine di un verbale che l’ente ha deciso di non pubblicare online, per motivi di riservatezza, relativo alla trattazione del punto n. 2 dell’ordine del giorno, riguardante le richieste di spiegazioni al Presidente del Consiglio dell’Ordine, da parte di alcuni iscritti, relative a un’audizione effettuata, dinnanzi a una Commissione del Consiglio superiore della magistratura (CSM), di cui i richiedenti venivano a conoscenza tramite le notizie apparse su organi di stampa.

Dagli atti risulta che la predetta audizione si sia tenuta dinnanzi a una Commissione del CSM e che – secondo quanto dichiarato dal controinteressato che si è opposto all’accesso – la questione, come risulta anche dalla e-mail di convocazione e specificato in via telefonica dal responsabile amministrativo del CSM, era di natura riservata.

Il regime di pubblicità dei lavori delle Commissioni è disciplinato dal Regolamento interno del CSM, che prevede, fra l’altro, come in generale «Le sedute delle Commissioni non sono pubbliche». Quanto all’accessibilità dei relativi atti, valgono le regole previste dall’art. 33 del medesimo regolamento.

Ciò chiarito, va anche tenuto in considerazione che, nell’estratto del verbale del Consiglio dell’Ordine degli avvocati relativo al citato punto all’ordine del giorno e oggetto di accesso civico – acquisito agli atti ai fini dell’istruttoria del Garante – è espressamente riportato che il Presidente «dispone che la presente discussione venga secretata vista la normativa vigente in CSM che prevede, in ordine all’attività svolta dalle commissioni, il dovere di assoluta riservatezza».

Nell’articolata opposizione all’accesso presentata dal soggetto controinteressato è, inoltre, ribadito che «La secretazione del verbale del COA […] era dunque d’obbligo, atto dovuto […] tanto che […] nessun consigliere, […] era contrario» e che «il provvedimento adottato dal CSM [relativo alla questione oggetto dell’audizione non dovrebbe] ritenersi definitivo non essendo ancora decorsi i termini per l’impugnazione innanzi al TAR». Inoltre, sussiste in capo al Presidente dell’Ordine e ai Consiglieri «il dovere di riservatezza […] su quanto riferito [alla] Commissione del CSM e sintetizzato [nel verbale]».

A ciò si aggiunge quanto contenuto nella motivazione del provvedimento di rigetto dell’accesso civico. nella parte in cui – a fondamento della legittimità del rifiuto – è stato fatto presente, fra l’altro, che:

- le «opinioni [espresse nel corso della seduta consiliare] non hanno rilevanza esterna, essendo espressione di un dibattito esclusivamente interno all’organo collegiale, finalizzato all’adozione di una eventuale delibera […]»;

- «la trattazione dell’argomento posto al punto dell’ordine del giorno dell’adunanza […], oggetto dell’istanza di accesso, non si completò, non esitando in alcuna delibera, poiché la trattazione dello stesso venne rinviata all’adunanza successiva, che poi non venne convocata a causa dello scioglimento, nel frattempo intervenuto, del Consiglio dell’Ordine, di fatto così impedendo non solo l’approvazione di quel verbale ma anche […] l’adozione di ogni delibera conseguente»;

- «le dichiarazioni dei Consiglieri dell’Ordine riportate a verbale […] come verbalizzate dal Consigliere Segretario e controfirmate dal Presidente, non hanno potuto essere verificate e confermate dagli stessi Consiglieri dichiaranti, in quanto, a seguito dell’intervenuto scioglimento del Consiglio dell’Ordine dopo la suddetta adunanza, non è seguita altra adunanza nella quale, come di consueto, il verbale dell’adunanza precedente sarebbe stato sottoposto all’adunanza per la relativa approvazione collegiale».

Nel merito, si rileva che l’estratto del verbale oggetto di accesso civico effettivamente contiene una descrizione molto generale dell’audizione tenuta dinnanzi alla Commissione del CSM e delle domande ricevute in ordine a una nota vicenda, riportata anche su quotidiani nazionali, oggetto di successivo provvedimento dell’organo di autogoverno della magistratura ordinaria, per il quale – al momento della presentazione dell’opposizione del controinteressato – non erano ancora decorsi i termini per l’impugnazione.

La restante parte del verbale omissato contiene le opinioni espresse dai consiglieri, anche di tipo valutativo, nei confronti dell’operato del controinteressato che ha presentato opposizione all’accesso.

Alla luce di quanto descritto, si ritiene che anche se la disciplina di settore in materia di accesso civico prevede che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto», il predetto diritto è comunque riconosciuto «nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In tale quadro, è previsto che l’amministrazione destinataria dell’istanza debba rifiutare l’accesso civico, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a, ivi).

Come noto, per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Per valutare l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei controinteressati, va tenuto conto che i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).

Tutto ciò considerato, non si ritengono condivisibili le osservazioni riportate nell’istanza di accesso, nella parte in cui si sostiene che sarebbe «ormai venuto meno ogni possibile vincolo di segretezza imposto dalla procedura presso il CSM ivi richiamata» e che non ci sarebbe stata «una valida delibera del Consiglio che imponga tale vincolo di segretezza».

Ciò in quanto, secondo quanto riportato nel verbale, il Presidente ha «dispo[sto] che la […] discussione venga secretata vista la normativa vigente in CSM che prevede, in ordine all’attività svolta dalle commissioni, il dovere di assoluta riservatezza». Sotto tale profilo, quindi, i partecipanti alla seduta del consiglio hanno rappresentato fatti ed espresso opinioni personali, poi verbalizzati (anche se in forma sintetica), nutrendo delle ragionevoli aspettative di riservatezza, in ordine alla discussione posta all’ordine del giorno, che in questa sede vanno tenute in considerazione.

Inoltre, come riportato nel provvedimento di diniego, le opinioni espresse nel corso della seduta consiliare non avevano rilevanza esterna, ma erano «espressione di un dibattito esclusivamente interno all’organo collegiale, finalizzato all’adozione di una eventuale delibera», che però non c’è mai stata a causa del successivo scioglimento del Consiglio dell’Ordine. Tale scioglimento ha, peraltro, impedito «di fatto […] non solo l’approvazione di quel verbale» ma anche una successiva verifica e conferma delle «dichiarazioni dei Consiglieri dell’Ordine riportate a verbale […] come verbalizzate dal Consigliere Segretario e controfirmate dal Presidente».

Alla luce del complesso di quanto descritto, si ritiene quindi che – ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico – l’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia abbia correttamente rifiutato l’accesso civico alla parte del verbale (pagine da 3 a 10) non pubblicata online, relativa alla trattazione del punto n. 2 dell’ordine del giorno, riguardante le richieste di spiegazioni al Presidente del Consiglio dell’Ordine relative a un’audizione dinnanzi a una Commissione del Consiglio superiore della magistratura (CSM).

L’ostensione della parte di documento richiesto, infatti, anche considerando la tipologia e la natura delle informazioni ivi contenute prima descritte nonché il tenore del contenuto e delle opinioni espresse dai partecipanti nei confronti dell’operato del soggetto controinteressato che si è opposto all’ostensione, può effettivamente determinare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali del predetto soggetto controinteressato, tenuto anche conto del particolare regime di pubblicità prima ricordato dei dati e delle informazioni che si ricevono tramite l’istituto dell’accesso civico nonché dei casi e del contesto in cui i dati possono essere utilizzati da soggetti terzi (cfr. art. 3, comma 1, d. lgs. n. 33/2013), determinando in ogni caso un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti partecipanti alla riunione coinvolti (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD).

Bisogna, infatti, anche tener conto del regime di riservatezza dei fatti oggetto di discussione evidenziato dal Presidente nel corso della seduta del Consiglio e riportato a verbale, nonché delle ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati che hanno rilasciato dichiarazioni confidando nel riserbo della discussione e della non prevedibilità delle conseguenze a questi derivanti dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque del documento e delle informazioni richiesti.

Resta, in ogni caso, fermo il regime di accessibilità alle proprie dichiarazioni da parte dei partecipanti alla riunione anche ai sensi dell’art. 15 del RGPD, nonché la possibilità per il soggetto istante di accedere alla parte di documento richiesto, laddove – utilizzando il diverso istituto dell’accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990 – dimostri di essere titolare di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 21 maggio 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione