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Provvedimento del 30 aprile 2020 [9426491]

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[doc. web n. 9426491]

Provvedimento del 30 aprile 2020

Registro dei provvedimenti
n.  81 del 30 aprile 2020

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il dott. Antonello Soro, presidente, la dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, la prof.ssa Licia Califano e la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e il dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77  del Regolamento, e regolarizzato in data 20 maggio 2019 con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC ed a Microsoft Corporation, rispettivamente in qualità di gestori dei motori di ricerca “Google” e “Bing”, la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo di alcuni URL collegati ad articoli contenenti notizie relative ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto, conclusasi nel 2017 con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti - della quale non è fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale, come dimostrato dalla documentazione prodotta unitamente all’atto introduttivo del procedimento – e con la contestuale concessione del beneficio della sospensione condizionale della stessa pena;

CONSIDERATO che l'interessato ha, in particolare, lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità in rete di informazioni inesatte in quanto non aggiornate alla luce dei successivi sviluppi giudiziari, e dunque da ritenersi non attualmente rispondenti all’interesse pubblico, eccependo altresì l’illiceità del trattamento posto in essere dal motore di ricerca in relazione alle particolari garanzie previste dal Regolamento con riguardo al trattamento di dati giudiziari;

VISTA la nota del 5 luglio 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto ai titolari del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la loro eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 30 agosto 2019 con la quale Microsoft Corporation, rappresentata e difesa dagli avvocati XX e XX, ha comunicato di aver aderito alle richieste del reclamante provvedendo a rimuovere gli URL indicati dai risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo del medesimo tramite il motore di ricerca gestito dalla società;

VISTA la nota del 25 luglio 2019 con la quale Google LLC ha comunicato:

con riguardo all’URL https://..., di aver adottato misure manuali atte ad impedire il posizionamento della pagina in corrispondenza del nome dell’interessato;

che gli URL elencati nelle pagine 8, 9 e 10 del riscontro “non vengono attualmente restituiti dai risultati di ricerca di Google Web Search associati al nome del reclamante” e di non poter pertanto adottare alcuna misura in merito;

di non poter aderire alla richiesta dell’interessato con riguardo ai restanti URL, trattandosi di informazioni di cronaca giudiziaria ancora molto recenti, in quanto tratte da notizie pubblicate negli anni 2017 e 2018, che riferiscono “di come il reclamante, in qualità di XX (…) avesse ricevuto, tra il XX, circa XX per agevolare un noto imprenditore (…) XX”;

che, per tale vicenda, il reclamante è stato “indagato ed accusato di corruzione patteggiando, infine, una condanna per la pena a 1 anno e 8 mesi di reclusione”;

che, pertanto, non possono ravvisarsi gli estremi per l’esercizio del diritto all’oblio dovendosi ritenere tuttora sussistente l’interesse del pubblico a conoscere della vicenda;

VISTA la nota del 5 marzo con la quale l’Autorità, nel trasmettere all’interessato le comunicazioni inviate dai titolari del trattamento, ha chiesto al medesimo di far pervenire le proprie osservazioni in merito;

VISTA la nota del 13 marzo 2020 con la quale l’interessato ha ribadito le proprie richieste nei confronti di Google rilevando che:

non riveste più il ruolo di dirigente XX da ormai quattro anni, né altro ruolo di rilievo pubblico;

la vicenda penale che lo ha coinvolto è stato un fatto isolato nella sua vita, avendo egli sempre osservato una “condotta ligia e rispettosa delle regole”;

il processo si è concluso nei suoi riguardi con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, circostanza della quale non è dato conto negli articoli indicati nell’atto di reclamo;

la perdurante reperibilità in rete, in associazione al proprio nominativo, di articoli non aggiornati riferiti a detta vicenda produce un impatto sproporzionato sui suoi diritti che non appare bilanciato dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale ad averne conoscenza, considerando altresì che tale diffusione vanifica i benefici di legge concessi dal giudice in sentenza, con particolare riguardo a quello relativo alla non menzione del provvedimento nel certificato del casellario giudiziale;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO che:

Microsoft Corporation ha comunicato, nel corso del procedimento, di aver aderito alle richieste dell’interessato provvedendo a rimuovere gli URL richiesti reperibili in associazione al suo nominativo tramite il motore di ricerca “Bing”;

Google LLC ha dichiarato, con riguardo all’URL https://..., di aver adottato misure manuali atte ad impedire il posizionamento della relativa pagina in corrispondenza del nome dell’interessato, rappresentando, con riguardo agli URL elencati nelle pagine 2 e 3 del proprio riscontro, che gli stessi “non vengono attualmente restituiti dai risultati di ricerca di Google Web Search” in associazione al medesimo e di non poter pertanto adottare alcuna misura in merito;

RITENUTO pertanto che, con riguardo alle situazioni appena sopra rappresentate, non sussistano i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO che:

la vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’interessato, pur avvenuta in tempi recenti, si è conclusa con l’applicazione della pena su richiesta delle parti per effetto della quale l’interessato è stato condannato ad un anno ed otto mesi di reclusione con beneficio della sospensione condizionale della pena;

con riguardo a tale tipologia di procedimento l’art. 24, comma 1, lett. e), del d.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313 - recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti” – nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche introdotte con il d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 122, disponeva l’esclusione dell’iscrizione del provvedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti nel certificato del casellario giudiziale, automatismo espressamente riconosciuto nel provvedimento giudiziale pronunciato nei riguardi dell’interessato e risalente al 2017;

che le modifiche successivamente introdotte all’art. 24, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 313 del 2002 dal successivo d.lgs. n. 122 del 2018 hanno confermato tale principio, pur prevendendo tale effetto limitatamente ai casi in cui la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria;

il beneficio in tal modo riconosciuto dall’ordinamento, finalizzato a limitare la conoscibilità della condanna subita da un determinato soggetto, verrebbe, di fatto, vanificato ove fosse consentito al gestore di un motore di ricerca di trattare ulteriormente tale dato attraverso la reperibilità in rete di esso in associazione al nominativo dell’interessato, pregiudicando così la sfera giuridica di quest’ultimo (cfr. cfr. punto 8 parte II delle Linee guida);

RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione dei predetti URL e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimuovere gli stessi quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

prende atto di quanto comunicato da Microsoft Corporation in ordine all’avvenuta rimozione degli URL oggetto di richiesta in quanto reperibili in associazione al nominativo dell’interessato tramite il motore di ricerca “Bing”, nonché di quanto dichiarato da Google LLC in ordine alle misure adottate con riguardo all’URL https://..., nonché all’attuale non reperibilità, in associazione al nominativo del medesimo, di quelli indicati alle pagg. 8, 9 e 10 del riscontro fornito dalla società e pertanto ritiene che non vi siano i presupposti per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

dichiara il reclamo fondato nei confronti di Google LLC con riguardo alla richiesta di rimozione dei restanti URL indicati nell’atto introduttivo del procedimento e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge alla medesima società di rimuovere gli stessi quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento.

Ai sensi dell'art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 30 aprile 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia