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Provvedimento del 13 aprile 2023 [9907900]

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[doc. web n. 9907900]

Provvedimento del 13 aprile 2023

Registro dei provvedimenti
n. 140 del 13 aprile 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 30 marzo 2021, con cui XX, per il tramite del suo avvocato XX, ha chiesto la cancellazione dei propri dati personali e l’adozione di provvedimenti correttivi e sanzionatori nei confronti di Reti Televisive Italiane S.p.a. (di seguito “R.T.I. S.p.a.”) in relazione ad alcuni servizi pubblicati da “Le Iene” (nel proprio sito e nelle relative pagine Facebook e Instagram) in data 2, 5 e 23 febbraio 2021 nei quali – collegandosi alla notizia della sentenza di condanna per violenza privata emessa in data 17 febbraio 2021 nei confronti dell’inviato XX (posta in essere nel tentativo di intervistare la giornalista XX)− viene riproposto un video e rievocati fatti afferenti ad un procedimento penale che ha visto imputato, tra gli imputati, il reclamante, procedimento iniziato nel 2015 e conclusosi nel 2017 con la sua assoluzione;

CONSIDERATO che il reclamante ha rappresentato che:

- a seguito del servizio andato in onda il 2 febbraio 2021, tramite il proprio legale ha inviato a RTI S.p.a. una diffida «richiedendo l’immediata rimozione del video diffamatorio, atteso il fatto che non vi era alcun collegamento tra la condanna subita da XX e il servizio mandato in onda, e che lo stesso conteneva una serie di informazioni ormai del tutto superate dall’intervenuta sentenza di assoluzione, invocando esplicitamente un doveroso oblio su una vicenda ormai passata e completamente diversa da come narrata nel servizio»;

- la diffida non solo è stata «totalmente ignorata ma che ingenerava una nuova e peggiore “reazione”, atteso il fatto che in data 5 febbraio u.s. sul sito de “Le Iene” veniva nuovamente pubblicato il filmato in parola con indicazione “ecco il testo della sentenza del furto delle foto alla XX”» ma nel link non vi era alcuna sentenza bensì, nuovamente, il video incriminato;

- in data 8 febbraio 2021 aveva provveduto ad inviare una nuova diffida a seguito della quale, il successivo 9 febbraio 2021, la redazione de “Le Iene” ha pubblicato il link con la sentenza, in versione non integrale, omettendo le parti «che hanno permesso di far crollare quel castello di carte indiziario e mediaticamente “montato ad arte”» ai danni del reclamante;

- in data 10 febbraio 2021 RTI S.p.A. ha inviato al legale del reclamante una replica alle diffide inviate in data 3 e 9 febbraio 2021, nella quale affermava che la notizia della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’inviato de “Le Iene” aveva reso nuovamente attuali le indagini relative al procedimento che coinvolgeva il reclamante;

- in data 11 febbraio 2021 il filmato relativo alla vicenda processuale di quest’ultimo è stato nuovamente pubblicato sulla home page del sito de “Le Iene” «con l’éscamotage (a tacer d’altro) di fingere l’intervenuta pubblicazione delle motivazioni che hanno portato alla condanna di XX»;

- «in data 23.2.2021 alle ore 21.30 circa, e quindi in “prime time” su Italia 1 (con uno share del 6.93%) è andato in onda un ennesimo servizio relativo al procedimento penale a carico del ricorrente; un servizio, ancora una volta, pieno di falsità e omissioni», postato il giorno successivo anche sulla pagina Facebook del programma “Le Iene”;

CONSIDERATO che il reclamante ha rappresentato altresì che le condotte descritte:

a) sono state oggetto di denuncia alla competente autorità giudiziaria per il reato di diffamazione;

b) non possono ricondursi ad attività giornalistica (ritenendo di dover negare tale funzione al programma “Le Iene”) – con la conseguente inapplicabilità delle relative regole − ed evidenziano pertanto «una palese e reiterata violazione della normativa in tema di trattamento dei dati personali», in particolare:

- degli artt. 5 e 6 del Regolamento, posto che la riproposizione di fatti risalenti al passato e definiti giudizialmente, con riferimenti espressi al reclamante non necessari, concretizzano un trattamento contrario ai principi di liceità e correttezza del trattamento, di aggiornamento e di minimizzazione dei dati, difettando un interesse pubblico a tale rievocazione e determinando quest’ultima, invece, una nuova, indebita e pregiudizievole esposizione dell’interessato;

- dell’art. 17 del Regolamento che tutela il diritto all’oblio che il reclamante invoca legittimamente alla luce degli sviluppi sopravvenuti riguardo alla sua vicenda giudiziaria e alla luce della insostenibilità della tesi di R.T.I. S.p.a. secondo cui la notizia della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’inviato de “Le Iene” avrebbe riattualizzato i fatti oggetto del procedimento che ha interessato il reclamante;

c) il punto di equilibrio tra libertà di informazione sub specie di rievocazione storica e diritto all’oblio va individuato nella garanzia dell’anonimato delle persone che sono state protagoniste dei fatti di cronaca rievocati, garanzia che, nel caso di specie, non è stata rispettata; in tale ottica il servizio avrebbe dunque dovuto incentrarsi solo sulla condanna subìta dall’inviato e sulle circostanze che l’hanno determinata, omettendo riferimenti e dati identificativi del reclamante; di qui la palese violazione del diritto all’oblio resa particolarmente grave non solo perché sono stati rievocati fatti risalenti al passato, ma anche perché l’informazione resa riguardo alle motivazioni dell’assoluzione è stata fornita in modo «inveritiero o comunque non coerente con il modo in cui i fatti si sono evoluti»;

VISTA la nota del 6 luglio 2021 con la quale l’Autorità ha chiesto a R.T.I. S.p.a. di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 27 luglio 2021 con cui R.T.I. S.p.a. ha fornito riscontro alla richiesta dell’Autorità eccependo:

a) l’inammissibilità del reclamo per la parte volta a far valere la natura diffamatoria del servizio in quanto attinente a profili che esulano dalle attribuzioni del Garante per il quale il reclamante ha peraltro annunciato di aver già investito l’autorità giudiziaria;

b) l’infondatezza delle doglianze relative all’asserita violazione dell’art. 17 del Regolamento e l’insussistenza dei presupposti per invocare il diritto all’oblio alla luce di diverse considerazioni:

- la notorietà del reclamante (a cui è dedicata una voce di Wikipedia e, tra le altre cose, ha curato una nota docu-serie dedicata alla comunità di XX);

- la circostanza di aver lui stesso pubblicato la sentenza che lo riguarda sul suo blog “XX” e aver commentato sui social la vicenda (commento Twitter del 24 febbraio 2021);

c) l’infondatezza dell’asserita violazione degli artt. 5 e 6 del Regolamento, partendo dal presupposto che:

- è incontestabile – per consolidata giurisprudenza del Garante – che al programma di Italia 1 trovi applicazione la disciplina dettata dagli art.136 e ss. e dalle Regole deontologiche;

- il trattamento dei dati personali del reclamante trova fondamento nelle dichiarazioni rese dallo stesso all’inviato de “Le Iene” e nella sentenza che lo riguarda, ampiamente reperibile in rete, anche sul blog dello stesso reclamante, rispetto alla quale peraltro quest’ultimo non ha fatto richiesta di oscuramento dei dati personali ai sensi dell’art. 52 del Codice;

- in rete è presente l’intervista consapevolmente rilasciata a “Le Iene”, pubblicata dallo stesso reclamante su YouTube il 29 settembre 2015;

- l’ultimo periodo dell’art. 137 del Codice legittima il trattamento dei dati resi noti direttamente dall’interessato quale è quello che trae origine dalla citata intervista del reclamante, rimasta disponibile pure nel periodo in cui il video del 2015 oggetto di contestazione è stato temporaneamente sottratto dalla rete in pendenza del giudizio; tale circostanza rende dunque improprio parlare di rievocazione di un fatto e ingiustificato il richiamo al diritto all’oblio;

- non può attribuirsi a “Le Iene” l’aver acceso i riflettori sul reclamante e sulla vicenda in generale posto che diversi organi di informazione hanno dato notizia della condanna dell’inviato de Le Iene mettendola in relazione anche con le indagini che hanno riguardato il reclamante (come nel caso de il Corriere della sera del 14 marzo 2021); lo stesso reclamante sul suo blog ha commentato la condanna, ciò che costituisce ulteriore argomento per non potersi invocare il diritto all’oblio;

d) l’infondatezza delle asserzioni del reclamante relative ai contenuti della sentenza di condanna dell’inviato de “Le Iene” dai quali si sarebbe avuta conferma della falsità del servizio giornalistico oggetto di reclamo e della sua configurazione “in chiave giustizialista” ai danni del reclamante;

e)  la piena correttezza della sintesi del provvedimento del Tribunale di Milano con cui è stata disposta l’assoluzione del reclamante, anche alla luce del dispositivo reso disponibile ai fruitori del sito insieme all’intera motivazione della sentenza «a differenza di quelli del Blog “XX”, cui il XX ha destinato una selezione delle sole parti a lui favorevoli»;

f) la circostanza che la predetta sentenza, pur conclusasi favorevolmente per gli imputati, accertava comunque fatti di particolare interesse pubblico in quanto «si dava atto del ritrovamento, all’interno del notebook sequestrato al XX, di numerose note contenenti un’enorme quantità di dati personali riservati e mai resi pubblici (quali fotografie, e-mail inviate e ricevute, credenziali di accesso, numeri di carte di credito) di moltissime celebrità», alcuni condivisi con altre persone (tra cui la giornalista imputata e poi assolta nel medesimo procedimento), comprese le fotografie relative alla festa di compleanno dell’attrice/showgirl italiana dalle quali ha avuto avvio il caso giudiziario; pertanto «la detenzione di questo materiale, associato da un lato alla notizia dell’assoluzione degli imputati e dall’altro lato della condanna dell’inviato de “Le Iene” per violenza privata per il tentativo di intervista nella realizzazione del servizio dedicato a questi fatti, costituiva dunque l’informazione avente formidabile e persistente interesse pubblico» riportata da molti media italiani e costituente oggetto del servizio pubblicato il 23 febbraio 2021, completo di tutte le informazioni del caso;

g) la finalità strumentale dell’affermazione secondo cui sarebbe stato frutto di una condotta truffaldina l’aver fornito, nel breve articolo che accompagnava il servizio del 5 febbraio, un link che apparentemente rinviava alla sentenza del Tribunale di Milano del 2017 emessa nei confronti del reclamante, ma che invece riproponeva il servizio contestato, essendosi verificato un vero e proprio equivoco, posto che «la sentenza era visibile cliccando non sulla “stringa” ma sul riquadro posto immediatamente al di sotto di essa», circostanza a cui la redazione poneva comunque immediatamente rimedio;

h) la gravità dell’affermazione secondo cui la redazione avrebbe pubblicato un estratto della predetta sentenza con la volontà di omettere le parti che evidenziavano l’estraneità del reclamante rispetto alle condotte contestategli e di nascondere la verità dei fatti, posto che al contrario l’estratto reca tutti i passaggi motivazionali da cui è possibile evincere nel dettaglio le ragioni che avevano spinto il Tribunale ad emettere la sentenza, limitandosi ad omettere i numerosi dati personali in essa presenti e agevolando piuttosto il lettore nel condurlo «al punto nodale favorevole per gli imputati della motivazione»;

VISTA la nota del 2 agosto 2021 con cui il reclamante ha replicato alle osservazioni di R.T.I. S.p.a., contestandone la fondatezza e, insistendo nelle proprie richieste, ha aggiunto che:

- «in data 15 aprile 2021 è stato emesso avviso di conclusione delle indagini preliminari per il reato di diffamazione aggravata (atto già notificato alle parti) da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano (cfr. doc. all. n.1) nei confronti di XX e XX», circostanza che avvalora, unitamente alla permanenza in rete dei servizi contestati, la volontà della Società di fornire un’informazione in senso colpevolista nei riguardi del reclamante e alimentare reazioni del pubblico in senso analogo (come si evince dalle interazioni degli utenti);

- il video caricato dal reclamante e le esternazioni da lui rese traggono origine e si correlano alla prima messa in onda del servizio, avvenuta nel 2015, il quale «allora aveva colpito duramente XX messo alla gogna come un “pericoloso Hacker”», mentre la sua riproposizione non trova nessuna giustificata correlazione con la notizia della condanna dell’inviato de Le Iene;

- nell’articolo del 5 febbraio 2021 non vi era nessun riquadro attivo che consentisse di scaricare la sentenza che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere quella della condanna nei confronti dell’inviato de Le Iene e non quella emessa nei confronti del reclamante, stante il titolo e la presentazione della notizia (“XX condannato per violenza privata: ecco la sentenza”);

VISTA la nota del 14 settembre 2021 con cui R.T.I., nell’evidenziare «i toni oggettivamente inappropriati e sopra le righe» della predetta nota del 3 agosto 2021 ha replicato alle osservazioni contenute ribadendo gli argomenti di difesa espressi nella nota del 27 luglio 2021 ed evidenziando che:

- il richiamo all’atto del procedimento per “diffamazione aggravata” (avviso di conclusioni indagini del 15 aprile 2021), oltre a costituire comunque una mera istanza di una parte del procedimento stesso, dimostra la persistente insistenza su profili più propriamente riconducibili alla diffamazione e che esulano pertanto dalle competenze del Garante;

- l’esistenza di un elevato interesse del pubblico per la complessiva vicenda, alla luce della notorietà del reclamante e dell’attualità dei fatti offerta dallo stesso il quale, nel suo blog “XX”, ha pubblicato (e tutt’ora mantiene) la sentenza che lo ha assolto e i propri commenti in ordine alla condanna dell’inviato de “Le Iene”;

- la sentenza di assoluzione del reclamante, a prescindere dalla valutazione sulla rilevanza penale delle condotte, accertava fatti di rilevante e attuale interesse pubblico;

VISTA la nota del 7 febbraio 2023 (prot. 21194) inviata a RTI S.p.a. ai sensi dell’art. 166, comma 5, con la quale è stata prospettata la potenziale violazione di alcune specifiche disposizioni applicabili al caso di specie;

VISTA la nota di RTI S.p.a. dell’8 marzo 2023 con cui la stessa ha ribadito le proprie argomentazioni difensive rispetto alle violazioni (liceità e correttezza del trattamento, esattezza e minimizzazione dei dati personali) lamentate dal reclamante, riaffermando l’insussistenza dei presupposti per riconoscere l’oblio – pur invocato dal reclamante -rispetto ad informazioni di rilevante interesse pubblico;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

RILEVATO inoltre che lo stesso reclamante ha rappresentato di aver adìto l’autorità giudiziaria (pag. 10 del reclamo e pag. 2 delle repliche del 3 agosto) per l’accertamento del reato di diffamazione conseguente alla diffusione dei servizi televisivi citati nel reclamo e che, per la natura della doglianza e per la pendenza di un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria, l’Autorità non possa pronunciarsi al riguardo;

RILEVATO che allo stato, tra i servizi de “Le Iene” citati nel reclamo la rete restituisce – attraverso una ricerca effettuata a partire dal nome e cognome del reclamante – quello del 23 febbraio 2021, il quale, contrariamente a quanto affermato dal medesimo, deve essere valutato alla luce della particolare disciplina prevista per i trattamenti di dati personali effettuati nell’esercizio della libertà di informazione e di espressione prevista dall’art.85 del Regolamento, dagli artt. 136 − 139 del Codice e dalle relative Regole deontologiche;

CONSIDERATO che:

- il predetto servizio fornisce un quadro informativo aggiornato dei fatti e del procedimento penale che ha interessato il reclamante attingendo ad un documento pubblico – la sentenza del Tribunale di Milano del 2017, pubblicata anche dal reclamante stesso − nel quale sono riportate informazioni che rivestono in concreto un interesse generale, a prescindere dalla rilevanza penale o meno dei fatti ivi riportati, poiché viene acclarato che il reclamante è entrato nella disponibilità di informazioni destinate ad essere riservate, relative a personaggi appartenenti al mondo della politica e o dello spettacolo (account , credenziali, password, estremi di documenti e di carte di credito, scambi di mail ecc.), grazie ad azioni di “hackeraggio” attribuite a terzi, e che alcune di esse  − comprese quelle relative alla festa di XX – sono state altresì oggetto di comunicazione e di commento con altri soggetti (nello specifico le giornaliste XX e XX coimputate nel medesimo procedimento);

- tali informazioni sono il frutto delle risultanze delle indagini compiute dall’autorità investigativa e hanno trovato corrispondenza nelle dichiarazioni rese dal reclamante nel corso del procedimento penale che lo ha visto coinvolto (peraltro, «dei tre imputati, l’unico a rendere l’esame dibattimentale», come si legge nella sentenza conclusiva del 2017) e nell’intervista da lui stesso resa all’inviato de “Le Iene” e dallo stesso pubblicata (https://...);

- la riproposizione da parte de “Le Iene”, nel febbraio 2021, dei fatti oggetto del procedimento – oggetto di attenzione da parte di diversi organi di informazioni (come documentato dai risultati della rete), oltre che di commento pubblico da parte dello stesso reclamante − si collega necessariamente alla notizia della condanna emessa nei confronti dell’inviato XX, essendo quest’ultima conseguente alle azioni compiute dallo stesso al fine acquisire notizie sui fatti sopra descritti, per i quali (anche) il reclamante è stato indagato e poi assolto (nello stesso senso, ex pluribus https://... );

- la ricostruzione, effettuata dalla trasmissione “Le Iene”, dei fatti e delle risultanze processuali, integrate con i doverosi aggiornamenti, costituisce espressione del diritto di cronaca e di critica con riferimento alla sentenza di condanna emessa nei confronti dell’inviato del programma televisivo e ai fatti che ne costituiscono il presupposto, rispetto ai quali la menzione esplicita del reclamante, pur alla luce degli esiti processuali a lui favorevoli, costituisce elemento integrante dell’informazione, alla luce del principio di “essenzialità” di cui all’art. 6 delle Regole deontologiche; ciò, ove si consideri l’apporto informativo da lui stesso fornito nello spiegare le dinamiche che caratterizzano il sistema di “hackeraggio” che ha consentito, a lui e ad altri, di entrare nella disponibilità di dati destinati ad essere riservati;

- lo stesso reclamante, attraverso il suo blog https://..., rende tutt’ora reperibili i propri commenti sui fatti di cui è stato co-protagonista, nonché parte dell’intervista da lui rilasciata a “le Iene” nel 2015 (https:...), contribuendo di fatto a conferire attualità ad informazioni di cui invoca l’oblio;

RITENUTO, pertanto, ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, di dover considerare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento dichiara infondato il reclamo, nei termini di cui in premessa.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 13 aprile 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei