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Parere su istanza di accesso civico - 3 ottobre 2022 [9860423]

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[doc. web n. 9860423]

Parere su istanza di accesso civico - 3 ottobre 2022

Registro dei provvedimenti
n. 314 del 3 ottobre 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Azienda sanitaria unica regionale Marche (ASUR Marche), presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web, n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Azienda sanitaria unica regionale Marche (ASUR Marche) ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata una richiesta di accesso civico generalizzato – ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – avente a oggetto:

- «Copia delle autorizzazioni ex art. 3 dl 181 del 27/9/2010 rilasciate negli anni 2018, 2019, 2020 agli allevamenti avicoli della provincia di Ancona e Macerata»;

- «Copia dei verbali delle ispezioni effettuate negli allevamenti intensivi delle Provincie di Ancona e Macerata per gli anni 2018, 2019, 2020»;

- «Copia eventuale di verbali attestanti irregolarità rilevate nelle ispezioni degli stabilimenti avicoli delle Provincie di Ancona e Macerata per gli anni 2018, 2019, 2020».

Dagli atti risulta che l’amministrazione ha rifiutato l’accesso e che il soggetto istante ha inoltrato una richiesta di riesame al RPCT, che tuttavia si è dichiarato incompetente ritenendo applicabile la disciplina contenuta nella l. n. 241 del 7/8/1990 in materia di accesso documentale. Il soggetto istante ha quindi impugnato i predetti provvedimenti dell’amministrazione prima dinnanzi al TAR e poi al Consiglio di Stato che, da ultimo pronunciandosi sulla questione, ha disposto «l’obbligo per l’amministrazione […] di rivalutare la sussistenza in concreto dell’opposto pregiudizio con debita motivazione del provvedimento che andrà ad adottare».

In tale contesto, il RPCT ha formulato una richiesta di parere a questa Autorità, precisando, fra l’altro, che:

- «la richiesta di accesso civico generalizzato, così come formulata, coinvolge una pluralità di documenti e, conseguentemente, investe un’ampia serie di informazioni e dati: l’eventuale ostensione della documentazione appare pregiudizievole, oltre che degli Interessi economici e commerciali delle aziende coinvolte […], anche della riservatezza dei dati personali ivi necessariamente compresi»;

- «Ciò in quanto, in particolare, le autorizzazioni ed i verbali delle ispezioni effettuate presso gli allevamenti […] appaiono comunque contenere dati personali degli operatori oggetto di controllo, nonché dati direttamente riferiti all’attività dei medesimi, alle proprie scelte in ordine a struttura, misure tecniche e procedure adottate, e dunque di natura comunque riservata e sensibile»;

- «Sembrerebbe pertanto applicabile - oltre che il richiamato limite dettato dall’art. 5-bis, comma 2, lett. c) del d.lgs. 33/2013, già prospettato all’istante, anche il limite dettato dall’art. 5-bis, comma 2, lettera a) del medesimo decreto, tenuto altresì conto di quanto chiarito dalle linee guida dell’ANAC (determinazione n. 1309/2016), in base alle quali, ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, “vanno prese in considerazione le conseguenze che potrebbero derivare dalla conoscibilità, da parte di chiunque, dei documenti richiesti” dal momento che i documenti “forniti al richiedente tramite l’accesso generalizzato sono da considerarsi come pubblici”. Sotto tale profilo, occorre infatti considerare che vi sono interessi privati che vanno adeguatamente presi in considerazione ai fini del riscontro, in quanto la diffusione e riutilizzo delle informazioni acquisite (divenute pubbliche una volta proceduto all’ostensione) potrebbe comportare un pregiudizio alla riservatezza [delle] Aziende, rispetto alla protezione dei relativi interessi economici e commerciali»;

- «Si aggiunga che, come indicato nelle citate Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, l’accesso civico “generalizzato” è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a., “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico" (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013). Nel caso [in esame], risulta che le ragioni che hanno condotto alla richiesta di accesso civico riguardano una vicenda strettamente personale […]».

Per tale motivo, è stato chiesto al Garante di esprimersi sull’istanza di accesso «al fine di conoscere se, stante la tipologia della documentazione richiesta […], possa derivare un concreto pregiudizio - oltre che agli interessi di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. c), d.lgs. 33/2013 - anche agli interessi di cui all’art. 5-bis, comma 2, d. lgs, 33/2013, lett. a) laddove si procedesse all’ostensione della documentazione richiesta».

Il RPCT ha, inoltre, inoltrato al Garante per le relative valutazioni anche le note con cui diverse aziende controinteressate hanno presentato opposizione all’accesso presentato. In tali note è, in generale, rappresentata l’inesistenza sia di un interesse pubblico che possa giustificare l’ostensione di tutta la documentazione richiesta, che di un interesse qualificato del soggetto istante. È stato, inoltre, evidenziato più nello specifico che:

- «la istanza di accesso riguarda in primo luogo le autorizzazioni rilasciate ex art. 3 del d.lvo 27 settembre 2010, n. 181 [e che] tali documenti contengono elementi propri della organizzazione aziendale e produttiva delle imprese interessate. [Pertanto si tratta di] elementi riservati del processo produttivo teso a minimizzare i costi e massimizzare la produzione, nel rispetto della legge, adottando anche misure tecniche originali la cui conoscenza da parte dei concorrenti danneggia sicuramente gli interessi commerciali della impresa»;

- «In particolare, le autorizzazioni richieste in ostensione sono quelle in deroga di cui al comma 3 del citato articolo 3. Queste permettono il superamento della densità massima di 33 kg/m2 purché nel rispetto delle disposizioni di cui all’allegato II oltre a quelle di cui all’allegato I. In altri termini le autorizzazioni in deroga sono conseguenti alle giustificazioni addotte dalla impresa in funzione di accorgimenti da essa stessa ideati e applicati che costituiscono elementi riservati della organizzazione aziendale la cui conoscenza da parte di concorrenti potrebbe avvantaggiare questi ultimi a danno dei primi»;

- «Medesime considerazioni valgono per i verbali delle ispezioni effettuate negli allevamenti, cui si aggiungono le considerazioni che seguono e a maggior ragione per i verbali di irregolarità riscontrate, i quali contengono dati sicuramente sensibili perché attengono a comportamenti amministrativamente o penalmente rilevanti e incidenti sull’onore e sulla affidabilità del soggetto. Con l’aggravante che tali verbali non possono dare conto delle successive vicende giudiziarie nelle quali il soggetto sia poi risultato incolpevole»;

- «[Inoltre il] controllo è atto propedeutico alla eventuale instaurazione di un procedimento sanzionatorio amministrativo o penale. Appare evidente, quindi, il vincolo di riservatezza di tutto ciò che sia stato rilevato dagli ispettori, non solo ove l’ispezione abbia condotto ad una incriminazione amministrativa o penale, […] ma anche se non sia stata sollevata alcuna contestazione, proprio in virtù della potenzialità incriminatrice delle attività esercitate dall’operatore ispezionato, anche in buona fede, e dalla potenzialità emulativa insita nella conoscenza da parte di terzi di comportamenti che rientrano, comunque, nella sfera di libertà dell’operatore. La natura personale e sensibile di tali dati non è quindi da mettere in discussione, con la conseguenza che l’accesso civico è interdetto nei loro confronti ai sensi dell’art. 5 bis, comma 2, lettera a) del d.lvo 33 del 201[3]»;

- «il ragionamento si applica alla ostensione dei verbali attestanti la sussistenza di irregolarità, i quali, per altro, come accennato, non possono tenere conto, è quindi non comunicano al pubblico, le eventuali successive vicende giudiziarie che abbiano discolpato l’imprenditore ispezionato»;

- «Infine si consideri che la ostensione delle procedure produttive, che rientrano come si è detto nella libertà di impresa e nella riservatezza professionale, se non segretezza, della organizzazione aziendale, possono essere artatamente utilizzate dagli operatori concorrenti per pretestuosi e indotti reclami dei clienti o dei consumatori, il cui impatto economico può anche essere rilevante, oltre che per campagne denigratorie artificiosamente costruite su interpretazioni di comodo»;

- «Il verbale di ispezione peraltro contiene dati personali dei soggetti oggetto del controllo»;

- «i verbali attestanti irregolarità si concretizzano in verbali […] sanzionatori sia di illeciti amministrativi che penali. Entrambi hanno natura personale (essendo gli uni destinati al “contravventore” gli altri all’“indagato”, ossia persone fisiche) con la conseguenza che gli stessi contengono dati personali»;

- «Il pregiudizio [alla protezione dei dati personali] è peraltro concreto e strettamente connesso alla disclousure. [Ciò in quanto] le eventuali non conformità possono avere anche rilievo penale, stante l’utilizzo nelle normative sanzionatorie applicabili, della clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca reato”. In tale contesto, il dato per il quale viene chiesto l’accesso. È lesivo degli interessi dell’operatore quanto meno fino allo scadere del termine [di] prescrizione previsto dal reato più grave eventualmente applicabile».

OSSERVA

1. Introduzione

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l’altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

La medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Inoltre, l’«amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione» ed «Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013).

Ciò premesso, occorre aver presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi sanciti nel RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

In tale contesto, occorre tenere conto anche delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati personali richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Valutazioni sul caso in esame

Con particolare riferimento al caso sottoposto all’attenzione di questa Autorità, si rileva che oggetto dell’accesso civico è un’ampia documentazione che investe una pluralità di documenti, contenenti dati e informazioni riguardanti allevamenti e stabilimenti avicoli della provincia di Ancona e Macerata negli anni dal 2018 al 2020 (autorizzazioni, verbali di ispezioni, verbali attestanti eventuali irregolarità).

Dagli atti risulta che l’amministrazione ha fornito al soggetto istante un accesso parziale, comunicando l’elenco degli allevamenti per cui è stata chiesta l’autorizzazione e l’elenco di quelli sottoposti a controllo ispettivo. È stato, invece, negato l’accesso alla documentazione integrale, richiamando diversi motivi, basati sull’esistenza di limiti diversi dalla protezione dei dati personali la cui valutazione esula dai compiti affidati a questa Autorità dalla disciplina di settore, quali la mancanza di un interesse qualificato del soggetto istante ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990 e la sussistenza del limite di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. c) del d. lgs. n. 33/2013, inerente all’esistenza di un pregiudizio concreto «agli interessi economici e commerciali delle persone giuridiche coinvolte».

Solo per inciso è stato fatto anche riferimento all’esistenza all’interno della documentazione richiesta di dati personali relativi a terzi (senza entrare nel dettaglio), che avrebbe impedito l’ostensione dei documenti richiesti.

Il RPCT di ASUR Marche ha chiesto al Garante di esprimersi in ogni caso sulla possibilità che un’eventuale ostensione della documentazione richiesta possa causare anche un pregiudizio concreto agli interessi di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Sotto tale ultimo profilo, si rileva che la documentazione oggetto di accesso civico contiene essenzialmente dati e informazioni riferite ad allevamenti e stabilimenti avicoli, rispetto ai quali si evidenzia in via preliminare che – ai sensi della ricordata definizione di dato personale contenuta nell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD – sono sottratte dai profili di competenza di questa Autorità e dall’ambito di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali le persone giuridiche, le società, gli enti e le associazioni, che non possono beneficiare della tutela di cui al citato art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

In tale contesto, rimane comunque il fatto che – come è emerso dall’esame della documentazione oggetto di accesso civico inviata al Garante ai fini della relativa istruttoria –che i documenti richiesti contengono, come rilevato fra l’altro dal RPCT e dai soggetti controinteressati, anche limitati dati personali riferiti agli operatori oggetto di controllo di varia specie e natura (es.: nominativo del/i proprietario/i e del detentore degli allevamenti, recapiti, codici fiscali, ecc.).

Per questi dati personali, non si ritengono pienamente condivisibili le osservazioni presentate in sede di opposizione dai soggetti controinteressati, considerando che dalla documentazione in atti, emerge che i verbali non riportano l’illecito amministrativo o penale contestato ovvero configurabile concretamente a carico degli interessati.

In ogni caso, per come sono stati rappresentati i fatti, si rileva che la questione relativa alla protezione dei dati personali sottoposta all’attenzione di questa Autorità da parte del RPCT appare non dirimente rispetto alla decisione inerente all’ostensione del complesso della documentazione richiesta.

Ciò in quanto, per come è stata formulata l’istanza di accesso civico, oggetto della domanda appaiono essere i dati e le informazioni riferiti agli “allevamenti” più che alle persone fisiche indicate nei relativi documenti. Rispetto a tale profilo, ai sensi della disciplina vigente, nel rispetto di necessità e proporzionalità alla base del principio di minimizzazione di cui all’art. 5, par. 1, lett. c), del RGPD, i dati personali prima descritti contenuti nella documentazione richiesta possono essere omessi dall’ente secondo quanto previsto dall’art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013, come del resto è già stato fatto dall’amministrazione nei documenti oggetto di accesso inviati al Garante per l’istruttoria, che sono stati forniti con tutti i dati personali già oscurati.

Sulla restante documentazione oggetto di accesso, spetta invece all’amministrazione interpellata effettuare le valutazioni richieste dalla disciplina vigente, motivando – come richiesto anche dal Consiglio di Stato – in ordine alla possibilità o meno di rendere ostensibile la documentazione richiesta e alla sussistenza degli altri limiti eventuali all’accesso civico richiamati anche dai soggetti controinteressati che, in ogni caso, esulano dalle competenze del Garante (come il menzionato limite contenuto nell’art. 5-bis, comma 2, lett. c, del d. lgs. n. 33/2013, relativo alla eventuale sussistenza di pregiudizio agli «interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali»).

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Azienda sanitaria unica regionale Marche (ASUR Marche), ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 3 ottobre 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione