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Fermiamo i processi mediatici tra adolescenti sui social - Intervento di Guido Scorza

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Fermiamo i processi mediatici tra adolescenti sui social
Educhiamo i più giovani a cercare aiuto, a denunciare alle autorità ma, per carità, non a chiedere l’intervento delle folle via social perché le conseguenze possono essere peggiori della sofferenza magari già vissuta

Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(HuffPost, 7 dicembre 2022)

Lei e lui (i nomi non contano) hanno rispettivamente 17 e 18 anni, sono fidanzati e poi si lasciano. Lui secondo lei perde la testa, la perseguita e la picchia più volte. Lei finisce al pronto soccorso e ha il coraggio di denunciarlo alla polizia, non una ma quattro volte. Poi pubblica su Instagram una serie di foto con il suo viso e altre parti del suo corpo piene di lividi e racconta, appunto, che l’ex fidanzato la picchia.

La sua ex scuola – un Liceo romano – si mobilita, organizza incontri e manifestazioni schierandosi dalla parte di lei mentre, più di un ragazzo, inizia a minacciare lui sul suo profilo social e sotto casa. Lui, a questo punto, capisce che la situazione sta degenerando e denuncia lei prima alla polizia per diffamazione e poi pubblicamente sui social.

Quello che ne viene fuori è il più classico dei processi mediatici ai quali ci ha abituato la peggiore televisione di ieri (e, purtroppo, ancora di oggi) – manca solo il plastico del teatro degli episodi di violenza – con squadre di ragazzine e ragazzini che, inesorabilmente, si schierano, dividono e se le danno di santa ragione – per fortuna sin qui solo nella dimensione digitale – e se ne dicono di ogni colore con toni, espressioni e registro stilistico degno di un’arena televisiva e anche oltre, facendo, naturalmente, ipotesi e congetture, pronunciando sentenze, assolvendo e condannando i due protagonisti della storia.

Della vicenda sappiamo perché è rimbalzata, nelle ultime ore, sulla stampa mainstream ma è, naturalmente, analoga a tantissime altre che si consumano ogni giorno sui social e che, nella più parte dei casi, vi si esauriscono con tempi e epiloghi diversi.

Ovviamente difficilmente un processo mediatico tra adolescenti celebrato sui social può produrre risultati positivi e più di frequente, invece, produce esiti devastanti perché distrugge i protagonisti, presunta vittima e presunto carnefice, più di quanto l’episodio che ne è all’origine non abbia fatto e, soprattutto, in maniera persistente, eterna e perpetua perché le “udienze” sui social, le accuse, le difese, le urla delle contrapposte tifoserie, le foto a corredo delle accuse e delle difese sono tutti contenuti a restare scolpiti nella memoria della Rete per sempre o, almeno, più a lungo di quanto, prima o poi, i protagonisti della vicenda vorrebbero.

Sotto questo profilo, il processo social, specie se tra adolescenti, è, probabilmente, un fenomeno più odioso, pericoloso, incivile di quelli mediatici di ieri ai quali, sfortunatamente, la televisione in particolare ci ha abituato.

E, naturalmente, c’è il rischio che mieta vittime più o meno gravemente proprio come accade nei processi televisivi ma, in questo caso, con l’identità personale, la vita, il presente e il futuro di un ragazzino o di una ragazzina distrutti per sempre.

Fermiamo il fenomeno prima che sia troppo tardi, educhiamo i più giovani a parlare con gli adulti, a cercare aiuto, a denunciare alle autorità ma, per carità, non a chiedere l’intervento delle folle via social perché non serve e le conseguenze possono essere peggiori della sofferenza magari già vissuta.