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Provvedimento del 22 luglio 2021 [9767899]

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[doc. web n. 9767899]

Provvedimento del 22 luglio 2021

Registro dei provvedimenti
n. 299 del 22 luglio 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante in data 3 maggio 2021 ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, dal sig. XX nei confronti di Google LLC, con il quale è stata chiesta la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, di 103 Url rinvianti ad articoli di stampa nazionale e locale del 2017 che danno conto di una indagine condotta dalla Procura di Agrigento in seguito alla quale il reclamante è stato sottoposto agli arresti domiciliari con l’accusa di estorsione;

CONSIDERATO che il reclamante ha precisato che:

la notizia relativa ai suoi arresti domiciliari ha avuto una eco spropositata, in quanto pochi giorni prima dell’arresto egli era risultato il primo dei non eletti alle elezioni della Regione Siciliana nella lista del movimento 5 Stelle;

poiché la campagna mediatica era stata particolarmente violenta, nell’interesse della sua azienda e della famiglia, contro il parere dei legali, ha deciso di patteggiare una pena minima, prima ancora che ci fosse una pronuncia di rinvio a giudizio;

la reperibilità delle notizie in questione danneggia la sua famiglia, in particolare la moglie e le figlie minori di 9 e 7 anni;

ha inviato a Google una analoga richiesta, non accolta, di deindicizzazione avente ad oggetto, tra gli altri, gli Url poi contestati con il reclamo;

VISTA la nota de 5 maggio 2021, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 25 maggio 2021, con la quale Google ha rappresentato:

relativamente agli Url indicati nel primo elenco della propria memoria di risposta (numeri da 1 a 23), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, in quanto le relative pagine web non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca di Google associati al nome del reclamante;

relativamente agli Url indicati nel secondo elenco della propria memoria di risposta (numeri da 1 a 80), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, sulla base delle seguenti motivazioni:

o i contenuti cui indirizzano gli Url sono stati pubblicati tra il 2017 e il 2018, circostanza che, contrariamente a quanto asserito dal reclamante, è tutt’altro che idonea a far venire meno l’interesse pubblico alla loro reperibilità, né giustifica la rimozione richiesta dal reclamante, posto che gli URL contestati si riferiscono ad un reato commesso dal reclamante nell’esercizio della sua professione, peraltro quando lo stesso ricopriva un ruolo pubblico; 

o poiché le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti fattispecie criminose devono considerarsi “recenti” e di pubblico interesse quando risalenti a meno di dieci anni prima, non sussiste il requisito del trascorrere del tempo, posto che le notizie di cui agli Url contestati risalgono a nemmeno quattro anni fa;

o gli URL contestati riportano informazioni riguardanti l’arresto e la successiva condanna del reclamante a due anni di reclusione, a seguito dell’applicazione della pena su richiesta della parte, per il reato di estorsione;

o l’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. equivale a tutti gli effetti a una condanna, per cui non può giustificare il preteso diritto all’oblio del reclamante, soprattutto in considerazione della gravità del reato (cfr. provv. del Garante n. 208 del 29 ottobre 2020);

o le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti fattispecie criminose devono essere trattate con estrema cautela, potendosi - come sottolineato dalle Linee Guida del WP29 adottate il 26 novembre 2014  dal Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (Causa C-131/12) (di seguito Linee Guida) - "considerare la deindicizzazione di risultati di ricerca relativi a reati minori accaduti molto tempo fa", mentre il diritto all'oblio non sussiste rispetto a "reati più gravi" e meno risalenti;

o è evidente l’interesse della collettività ad avere accesso agli URL contestati sia perché il reato per il quale il reclamante è stato condannato è stato commesso nell’esercizio della sua attività professionale, sia perché al momento dell’arresto questi ricopriva un ruolo pubblico nei sensi richiamati dalle Linee Guida sopra citate;

o la natura giornalistica dei contenuti in questione, relativi a notizie riportate da importanti testate giornalistiche quali "Il Manifesto" “Il Corriere del Mezzogiorno” e "Il Mattino": come statuito dalle Linee Guida del WP29, la natura giornalistica di un'informazione e il fatto stesso che sia stata pubblicata da un giornalista costituiscono elementi a conferma del sussistente interesse pubblico alla notizia (cfr. Linee Guida, pag. 19).

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

VISTI gli artt. 17 e 21, par. 1, del Regolamento;

PRESO ATTO in merito all’istanza di rimozione degli Url indicati nel primo elenco della memoria di Google (numeri da 1 a 23) che gli stessi non risultano visibili in associazione al nominativo del reclamante e ritenuto pertanto, che in tal caso non vi siano gli estremi per l’adozione di provvedimenti da parte del Garante;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione degli Url indicati nel secondo elenco della memoria di risposta di Google (numeri da 1 a 80), che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati nelle Linee Guida sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

la vicenda giudiziaria descritta negli articoli reperibili tramite gli URL sopra indicati riguarda un procedimento penale conclusosi nel 2018, a seguito dell’applicazione della pena su richiesta della parte, con la condanna dell’interessato a due anni di reclusione, e quindi relativamente recente (inferiore anche al quinquennio al decorso del quale l’art. 445, comma 2, c.p.p., riconnette l’estinzione del reato qualora l’imputato che abbia patteggiato la pena non abbia commesso altri delitti o contravvenzioni della stessa indole);

deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse pubblico a conoscere la relativa vicenda, tenuto conto che la stessa riguarda condotte che risultano essere state poste in essere dal reclamante in correlazione con la propria attività professionale, e in un periodo temporale vicino alla propria candidatura alle elezioni regionali;

RITENUTO pertanto di dover dichiarare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento, per le ragioni di cui in premessa:

a) prende atto con riguardo agli URL indicati nel primo elenco della memoria di Google   (numeri da 1 a 20) di quanto affermato dal titolare del trattamento, e, pertanto, non ritiene, nel caso di specie, che ricorrano gli estremi per l'adozione di ulteriori provvedimenti;

b) dichiara il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli ulteriori Url;

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 22 luglio 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei