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Ordinanza ingiunzione nei confronti dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente dell'Abruzzo - 10 marzo 2022 [9761383]

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[doc. web n. 9761383]

Ordinanza ingiunzione nei confronti dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente dell'Abruzzo - 10 marzo 2022

Registro dei provvedimenti
n. 82 del 10 marzo 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l'avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (di seguito “Codice”);

VISTO il Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali, approvato con deliberazione n. 98 del 4 aprile 2019, pubblicato in G.U. n. 106 dell’8 maggio 2019 e in www.gpdp.it, doc. web n. 9107633 (di seguito “Regolamento del Garante n. 1/2019”);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, doc. web n. 1098801;

Relatore il prof. Pasquale Stanzione;

PREMESSO

1. Introduzione.

Con reclamo del XX, presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, il reclamante, ex dipendente dell’Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente dell'Abruzzo (di seguito, l’”Agenzia”), ha lamentato la circostanza che la deliberazione del Direttore Generale  dell’Agenzia n. XX (con oggetto “Sig. [nome e cognome del reclamante]: approvazione schema di verbale di conciliazione in sede sindacale ex art. 2113 co. 4 c.c. nel testo modificato dall’art. 6 della l. 11/8/1973 n. 533”) sia stata pubblicata sul sito web istituzionale dell’Agenzia in forma integrale, senza alcuna previa anonimizzazione dei propri dati personali, peraltro con indicizzazione sui motori di ricerca.

La deliberazione in questione conteneva informazioni relative a una vicenda giudiziaria relativa al rapporto di lavoro al tempo in essere tra il reclamante e l’Agenzia. In particolare, la deliberazione aveva ad oggetto l’approvazione di uno schema di verbale di conciliazione in sede sindacale e conteneva riferimenti a vicende connesse a un procedimento penale, che aveva coinvolto il reclamante, all’esito del quale lo stesso era stato assolto per non aver commesso il fatto con sentenza passata in giudicato.

Su richiesta dell’interessato, la deliberazione oggetto di reclamo, pur essendo ancora rintracciabile sul sito web istituzionale dell’Agenzia, non sarebbe stata più scaricabile a partire dal XX.

2. L’attività istruttoria.

Con nota del XX (prot. n. XX), l’Agenzia, in riscontro a una richiesta d’informazioni del Garante (nota prot. n. XX del XX), ha dichiarato, in particolare, che:

“la Delibera n. XX è stata pubblicata sull’Albo Pretorio dell’Agenzia, in quanto la stessa contiene gli elementi in fatto e in diritto necessari alla motivazione che ha portato [l’]Ente ad approvare solamente lo schema dell’accordo di conciliazione in sede sindacale, a titolo risarcitorio, con il [reclamante]”;

“l’accordo completo e definitivo è stato poi siglato dalle parti successivamente e inserito negli atti [dell’Agenzia] in maniera riservata”;

“tale schema di accordo può essere considerato un contratto tra l’Agenzia e il [reclamante] e, pertanto, il trattamento è stato effettuato in base all’art. 6 comma 1 lettera b del Regolamento […], nonché per adempiere un obbligo legale di cui all’art. 6 comma 1 lettera c del Regolamento […]”;

“la delibera è stata pubblicata sull’Albo Pretorio il XX ed è rimasta pubblicata per 15 giorni”;

“per esigenze di trasparenza amministrativa la delibera in questione, come le altre, è stata conservata nella Sezione Amministrazione Trasparente fino al XX a seguito della segnalazione del reclamante”;

“attualmente non è possibile consultare nessuna vecchia delibera della Sezione “Amministrazione Trasparente” in quanto la sezione “Archivio Albo Pretorio” è in manutenzione”;

“è stata conservata la possibilità di visualizzare le vecchie delibere, anche dopo la rimozione dall’Albo Pretorio, ai soli dipendenti dell’Agenzia attraverso il sito www.artaabruzzo.local (intranet aziendale) e quindi non accessibile dall’esterno. In questo archivio la Delibera XX viene visualizzata con il seguente titolo “Sig. ---omissis---: approvazione schema di verbale di conciliazione in sede sindacale ex art. 2113 co. 4 c.c. nel testo modificato dall’art. 6 della l. 11/8/1973 n. 533. Per motivi di privacy l'accesso al documento è possibile solo tramite formale richiesta di accesso agli atti”;

“sono state prese tutte le precauzioni affinché i contenuti della sezione “Albo Pretorio” non vengano indicizzati dai motori di ricerca”;

“attualmente la delibera in questione non è rinvenibile sul sito web dell’Agenzia, neanche con il solo riferimento all’oggetto, tantomeno è possibile trovare riferimenti alla stessa attraverso motori di ricerca”.

Con nota del XX (prot. n. XX), l’Ufficio, sulla base degli elementi acquisiti, dalle verifiche compiute e dei fatti emersi a seguito dell’attività istruttoria, ha notificato all’Agenzia, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, avente ad oggetto le presunte violazioni degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), 6 e 10 del Regolamento, nonché 2-ter (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021 n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo) e 2-octies del Codice, invitando il predetto titolare a produrre al Garante scritti difensivi o documenti ovvero a chiedere di essere sentito dall’Autorità (art. 166, commi 6 e 7, del Codice, nonché art. 18, comma 1, dalla l. 24 novembre 1981, n. 689).

Con nota del XX, l’Agenzia, per il tramite del proprio avvocato, ha presentato una memoria difensiva, dichiarando, in particolare, che:

le informazioni relative al procedimento penale che aveva coinvolto l’interessato “erano state già rese note da alcuni organi di stampa, tutt’ora rintracciabili [sul] web”;

“pertanto, le informazioni contenute nella delibera n.XX oggetto del reclamo sarebbero state, comunque, rintracciabili e facilmente fruibili dagli utenti del web […] [, tali dati essendo] stati resi manifestamente pubblici dallo stesso interessato (art. (artt. 9 lett. e) e 10, del [Regolamento])”;

“nell’accordo pubblicato non viene riportato alcun riferimento ai reati [che erano stati al tempo] contestati al [reclamante], né viene menzionata alcuna condanna, in ragione dell’assoluzione dello stesso. Pertanto, mancherebbero entrambi gli elementi oggettivi del reato per poter contestare all’Agenzia la condotta contenuta nell’art. 10 [del Regolamento]”;

“la diffusione dello schema dell’accordo [sindacale] rientra a pieno titolo nella fase dell’esecuzione di misure precontrattuali propedeutiche alla stesura definitiva dell’accordo effettivamente raggiunto tra le parti”;

“la condotta dell’[Agenzia] è stata, quindi, improntata alla tutela del superiore interesse pubblico della salvaguardia e del bilanciamento degli equilibri a garanzia della trasparenza dell’accordo precontrattuale”;

“la pubblicazione effettivamente compiuta dall’Agenzia nella sezione dedicata dell’Albo Pretorio risponde[va] a precisi obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione dell’operato della pubblica amministrazione”;

“l’adempimento, infatti, è avvenuto nel rispetto della specifica normativa identificata nell’art. 23 lett. d) recante “accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche, ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Con nota del XX, l’Agenzia, rappresentata dal proprio avvocato, avendo rinunciato all’audizione di cui all’art. 166, comma 6, del Codice, ha depositato taluni documenti volti a comprovare le misure adottate per assicurare il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati nel contesto della pubblicazione di atti e documenti sul proprio sito web istituzionale per finalità di trasparenza (v., in particolare, la circolare prot. n. 8500 del 20 febbraio 2019).

3. Esito dell’attività istruttoria.

La disciplina di protezione dei dati personali prevede che i soggetti pubblici, nell’ambito del contesto lavorativo, possono trattare i dati personali degli interessati, anche relativi a categorie particolari, se il trattamento è necessario, in generale, per la gestione del rapporto di lavoro e per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge o dal diritto dell’Unione o degli Stati membri (artt. 6, par. 1, lett. c), 9, par. 2, lett. b) e 4 e 88 del Regolamento). Il trattamento è, inoltre, lecito quando sia “necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento” (art. 6, parr. 1, lett. e), 2 e 3, e art. 9, par. 2, lett. g), del Regolamento; art. 2-ter del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

La normativa europea prevede che “gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l’applicazione delle norme del […] regolamento con riguardo al trattamento, in conformità del paragrafo 1, lettere c) ed e), determinando con maggiore precisione requisiti specifici per il trattamento e altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto […]” (art. 6, par. 2, del Regolamento). Al riguardo, si evidenzia che l’operazione di diffusione di dati personali (come la pubblicazione su Internet), da parte di soggetti pubblici, è ammessa solo quando prevista da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (cfr. art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

Con specifico riguardo al trattamento dei dati relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, si evidenzia che esso può avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati (art. 10 del Regolamento), ovvero solo qualora il trattamento sia autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-octies, commi 1 e 5, del Codice).

Il titolare del trattamento è tenuto, in ogni caso, a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quello di “liceità, correttezza e trasparenza” nonché di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento).

In tale quadro, si osserva, anzitutto, che la diffusione online dei dati personali del reclamante non può trovare giustificazione nella circostanza che la stessa fosse stata ritenuta “necessari[a] all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte o all'esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso” (art. 6, par. 1, lett. b), del Regolamento). Come sopra evidenziato, i soggetti pubblici possono, infatti, diffondere dati personali solo ove consentito da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), non potendo, quindi, trovare applicazione, nel caso di specie, la base giuridica invocata dall’Agenzia.

L’Agenzia ha, inoltre, sostenuto che la pubblicazione della deliberazione in questione sia stata effettuata “nel rispetto della specifica normativa identificata nell’art. 23 lett. d) recante “accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche, ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241”. Premesso che si intendeva ragionevolmente far riferimento all’art. 23, lett. d), del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (ai sensi del quale “le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano ogni sei mesi, in distinte partizioni della sezione «Amministrazione trasparente», gli elenchi dei provvedimenti adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti, con particolare riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di: […] d) accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche, ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241”), deve osservarsi che gli obblighi di pubblicazione in questione riguardano specificamente gli “accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento” (art. 11 della l. 241/1990) e gli “accordi fra pubbliche amministrazioni” (art. 15 della l. 241/1990), ovvero atti di diversa natura rispetto a quello oggetto di pubblicazione da parte dell’Agenzia (schema di schema di verbale di conciliazione in sede sindacale per definire in via transattiva una controversia tra il datore di lavoro e un proprio dipendente). 

Sempre con riguardo alla liceità del trattamento, con specifico riguardo alla diffusione delle informazioni relative a un procedimento penale che aveva coinvolto l’interessato, menzionate nell’atto oggetto di pubblicazione, l’Agenzia ha avanzato la tesi per cui tali informazioni, in quanto relative a un procedimento penale conclusosi con l’assoluzione dell’interessato, non possano considerarsi “dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza” di cui all’art. 10 del Regolamento”. Tale difesa non può essere condivisibile, in quanto, come affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, “le informazioni relative ad un procedimento giudiziario a carico di una persona fisica, come quelle riferentisi all’apertura di un’indagine o al processo, ed eventualmente alla condanna che ne è risultata, costituiscono dati relativi alle «infrazioni» e alle «condanne penali» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 95/46 e dell’articolo 10 del regolamento 2016/679, e ciò indipendentemente dal fatto che, nel corso di tale procedimento giudiziario, sia stata effettivamente dimostrata o meno la commissione del reato per il quale la persona era perseguita” (sent. C‑136/17, “GC e a. contro Commission nationale de l'informatique et des libertés (CNIL)”, Grande Sezione, 24 settembre 2019). D’altra parte, con riguardo al contesto lavorativo, numerosi provvedimenti del Garante hanno chiarito che le informazioni ottenute dal certificato penale del casellario giudiziale o da dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in merito all’assenza di condanne penali costituiscono comunque dati relativi a condanne penali e reati ai fini della normativa in materia di protezione dei dati (sul punto, con riguardo all’assenza di condanne penali rispetto a specifici reati, quale requisito per lo svolgimento di determinate attività lavorative nel settore pubblico, v. Relazione annuale 2018 del Garante, doc. web n.  9109211, pagg. 131 ss., nonché provv. 19 gennaio 2017, n. 10,doc. web n. 5953097; cfr. “Audizione del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Prof. Pasquale Stanzione nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 1779 Paolo Russo e C. 1782 Molinari, recanti disposizioni in materia di controlli sul personale addetto ai servizi di trasporto”, del 16 dicembre 2021, doc. web n. 9736014; in ambito privato, v. provv. 11 febbraio 2021, n. 47, doc. web n. 9562814; provv. 22 maggio 2018, n. 314, doc. web n. 9005845). 

Con riguardo, invece, alla circostanza che i dati personali del reclamante fossero stati già resi manifestamente pubblici dallo stesso per effetto di articoli di stampa antecedenti alla deliberazione in questione, occorre ribadire che i soggetti pubblici possono diffondere dati personali solo nei casi previsti da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice), a nulla rilevando che i medesimi dati siano già stati diffusi dallo stesso interessato o da terzi per altre finalità (sul punto, v., tra i tanti, provv. 2 luglio 2020, n. 118, doc. web n. 9440025).

4. Conclusioni.

Alla luce delle valutazioni sopra richiamate, si rileva che le dichiarazioni rese dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell’art. 168 del Codice ˗, seppure meritevoli di considerazione, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e risultano insufficienti a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo, peraltro, alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si rappresenta, altresì, che per la determinazione della norma applicabile, sotto il profilo temporale, deve essere richiamato in particolare il principio di legalità di cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 689/1981 che sancisce come «le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e nei tempi in esse considerati». Ciò determina l’obbligo di prendere in considerazione le disposizioni vigenti al momento della commessa violazione, che nel caso in esame – data la natura permanente dell’illecito contestato – deve essere individuato all’atto di cessazione della condotta illecita, verificatasi successivamente alla data del 25 maggio 2018 in cui il Regolamento è divenuto applicabile e il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 è entrato in vigore. Dagli atti dell’istruttoria è, infatti, emerso che la diffusione dei dati personali del reclamante è cessata  in data XX.

Si confermano, pertanto, le valutazioni preliminari dell’Ufficio e si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dall’Agenzia per aver diffuso i dati personali del reclamante, anche relativi a condanne penali e reati, in violazione degli artt. 5, 6 e 10 del Regolamento, nonché 2-ter (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021 n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo) e 2-octies del Codice.

La violazione delle predette disposizioni rende applicabile la sanzione amministrativa prevista dall’art. 83, par. 5, del Regolamento, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i), e 83, par. 3, del Regolamento medesimo, come richiamato anche dall’art. 166, comma 2, del Codice.
In tale quadro, considerando, in ogni caso, che la condotta ha esaurito i suoi effetti, atteso che la diffusione dei dati personali del reclamante è cessata, non ricorrono i presupposti per l’adozione di ulteriori misure correttive di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento.

5. Adozione dell’ordinanza ingiunzione per l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e delle sanzioni accessorie (artt. 58, par. 2, lett. i e 83 del Regolamento; art. 166, comma 7, del Codice).

Il Garante, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i) e 83 del Regolamento nonché dell’art. 166 del Codice, ha il potere di “infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 83, in aggiunta alle [altre] misure [correttive] di cui al presente paragrafo, o in luogo di tali misure, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso” e, in tale quadro, “il Collegio [del Garante] adotta l’ordinanza ingiunzione, con la quale dispone altresì in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sua pubblicazione, per intero o per estratto, sul sito web del Garante ai sensi dell’articolo 166, comma 7, del Codice” (art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019).

Al riguardo, tenuto conto dell’art. 83, par. 3, del Regolamento, nel caso di specie la violazione delle disposizioni citate è soggetta all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 83, par. 5, del Regolamento.

La predetta sanzione amministrativa pecuniaria inflitta, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso, va determinata nell’ammontare tenendo in debito conto gli elementi previsti dall’art. 83, par. 2, del Regolamento.

In relazione ai predetti elementi è stato considerato che la rilevata condotta ha avuto ad oggetto la diffusione di dati personali, sebbene sin dal 2014 il Garante abbia fornito a tutti i soggetti pubblici nelle «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati», sopra richiamate. Si è tenuto, altresì, conto del notevole lasso di tempo in cui i dati personali del reclamante sono stati oggetto di diffusione (ovvero dal XX al XX), nonché della particolare delicatezza dei dati personali pubblicati, tra i quali anche alcuni riconducibili alla categoria dei dati personali relativi a condanne penali e reati.

Di contro, si è tenuto in considerazione che la violazione ha coinvolto un solo interessato. Il titolare si è poi prontamente attivato per porre fine alla diffusione dei dati personali del reclamante non appena ha ricevuto la richiesta avanzata a tal fine dallo stesso.  Il titolare ha, inoltre, prestato piena collaborazione al Garante nel corso dell’istruttoria. Non risultano, infine, precedenti violazioni pertinenti commesse dal titolare del trattamento o precedenti provvedimenti di cui all’art. 58 del Regolamento.

In ragione dei suddetti elementi, valutati nel loro complesso, si ritiene di determinare l’ammontare della sanzione pecuniaria nella misura di euro 8.000 (ottomila) per la violazione degli artt. 5, par. 1, 6 e 10 del Regolamento, nonché 2-ter (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021 n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo) e 2-octies del Codice, quale sanzione amministrativa pecuniaria ritenuta, ai sensi dell’art. 83, paragrafo 1, del Regolamento, effettiva, proporzionata e dissuasiva.

Tenuto conto dell’esteso lasso temporale durante il quale i predetti dati sono stati reperibili in rete, si ritiene altresì che debba applicarsi la sanzione accessoria della pubblicazione sul sito del Garante del presente provvedimento, prevista dall’art. 166, comma 7 del Codice e art. 16 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

dichiara, ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dall’Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente dell'Abruzzo per violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), 6 e 10 del Regolamento, nonché 2-ter (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021 n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo) e 2-octies del Codice, nei termini di cui in motivazione;

ORDINA

all’Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente dell'Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Viale Marconi, 49  - 65127 Pescara (PE), C.F. 91059790682, di pagare la somma di euro 8.000 (ottomila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate in motivazione. Si rappresenta che il contravventore, ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, ha facoltà di definire la controversia mediante pagamento, entro il termine di 30 giorni, di un importo pari alla metà della sanzione comminata;

INGIUNGE

alla predetta Agenzia, in caso di mancata definizione della controversia ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, di pagare la somma di 8.000 (ottomila) secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della l. n. 689/1981.

DISPONE

− la pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice;

− l’annotazione del presente provvedimento nel registro interno dell’Autorità, previsto dall’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle violazioni e delle misure adottate in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento.

Ai sensi degli artt. 78 del Regolamento, 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 10 marzo 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei