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Provvedimento del 10 febbraio 2022 [9751169]

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[doc. web n. 9751169]

Provvedimento del 10 febbraio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 51 del 10 febbraio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, l’avv. Guido Scorza, componente ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 25 marzo 2021 con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli relativi ad una vicenda giudiziaria nella quale il medesimo è stato coinvolto e rispetto alla quale è stato avviato un procedimento penale che, all’atto di presentazione del reclamo, risultava ancora in corso; 

CONSIDERATO che l’interessato ha lamentato, in particolare, il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità, in associazione al proprio nominativo, di informazioni obsolete riferite ad una misura cautelare disposta nei propri confronti nel XX e successivamente revocata, rappresentando altresì di svolgere, a partire dal XX, la XX, ovvero un’attività diversa da quella esercitata all’epoca del compimento dei fatti in relazione ai quali è stata disposta la misura e di cui si narra negli articoli indicati;

VISTA la nota del 2 luglio 2021 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 23 luglio 2021 con la quale Google LLC ha rilevato:

con riferimento all’URL http://..., che il relativo contenuto non risulta visualizzato tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante e che pertanto, come già comunicato nel riscontro fornito il 2 novembre 2021, “ha adottato misure manuali per impedire il posizionamento della stessa tra i risultati associati al nome del reclamante nelle versioni europee del motore di ricerca Google”;

con riferimento all’URL https://..., che la relativa pagina risulta priva di contenuto e che pertanto non risulta necessario alcun intervento in merito;

con riguardo all’URL https://..., che lo stesso non risulta essere stato correttamente individuato dall’interessato ed ha rappresentato di non potere effettuare alcun intervento in assenza dell’indicazione dell’URL specifico;

con riguardo agli ulteriori URL oggetto di reclamo, ha precisato che le relative pagine, all’epoca della notifica del reclamo a Google, non risultavano visualizzate quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato a causa dell’erroneo accoglimento di una precedente richiesta di rimozione avanzata dal medesimo, operazione  che il titolare ha provveduto ad annullare non appena avvedutosi di tale circostanza;

in particolare, a seguito di una prima richiesta di rimozione avanzata nell’ottobre del 2020, il titolare ha correttamente negato la rimozione, accogliendo poi erroneamente una successiva richiesta avanzata dal reclamante il 17 maggio 2021;

tale errore “non è dipeso da una valutazione superficiale della seconda richiesta di rimozione presentata dall’XX, quanto dalla complessità dello specifico caso e dalle scarne informazioni fornite dall’interessato, il quale non aveva ad esempio chiarito come il procedimento penale in cui lo stesso è imputato fosse tuttora in corso, allegando unicamente la decisione” con la quale il Tribunale competente ha revocato la misura degli arresti domiciliari;

di non poter pertanto accogliere la richiesta di rimozione tenuto conto del fatto che le pagine collegate agli URL contestati riportano informazioni riguardanti il coinvolgimento del reclamante in un procedimento penale per reati gravi che il medesimo ha dichiarato essere ancora in corso;

nello specifico, “quando il reclamante era XX (…), avrebbe effettuato controlli amministrativi mirati aventi a oggetto alcune XX al fine di favorire una società operante nel settore di XX, a scapito della concorrenza e ottenendo quale controprestazione beni e denaro” ed avrebbe altresì ottenuto “un certificato medico falso attestante una invalidità inesistente, al fine di azionare la procedura di XX”;

l’ordinanza di revoca della misura cautelare, a fronte di un procedimento penale tuttora in corso di svolgimento, non costituisce circostanza idonea a determinare il venir meno dell’interesse pubblico a conoscere le relative informazioni posto che “non ha accertato negativamente la responsabilità dell’XX in relazione ai delitti oggetto di contestazione, limitandosi a osservare come il reclamante non si trov[asse] nella posizione di commettere ulteriori delitti della medesima specie” essendo nel frattempo cessato dal relativo incarico di pubblico ufficiale;

i contenuti in questione, di natura giornalistica, sono stati pubblicati in epoca recente e riguardano fatti gravi nei quali è stato coinvolto l’interessato in relazione al ruolo pubblico all’epoca ricoperto;

deve ritenersi pertanto sussistente l’interesse del pubblico a conoscere tali informazioni anche in considerazione della professione di natura pubblica svolta attualmente dal reclamante;

VISTE le note del XX, indirizzata a Google LLC e per conoscenza al Garante, e la nota del 18 novembre 2021 con le quali l’interessato ha reiterato la richiesta di rimozione rappresentando che il Tribunale competente, con sentenza del XX, ne ha pronunciato l’assoluzione con riguardo ai capi di imputazione descritti all’interno degli  articoli collegati agli URL oggetto di reclamo, condannandolo alla pena di due anni con sospensione condizionale della stessa con riferimento ad alcune fattispecie di reato delle quali non è tuttavia fatta menzione negli articoli in questione e comunicando altresì l’intenzione di proporre appello avverso di essa;

VISTA la nota del 7 dicembre 2021 con la quale il titolare del trattamento, nel rilevare la necessità che le integrazioni effettuate nell’ambito di un procedimento in corso innanzi al Garante debbano essere indirizzate direttamente a quest’ultimo, ha rappresentato che:

nella memoria da ultimo presentata l’interessato ha reiterato la richiesta di rimozione degli URL oggetto di reclamo – dei quali solo quattro risultano effettivamente reperibili in associazione al suo nominativo – sostenendo di essere stato assolto da alcuni dei reati per i quali è stato imputato e di essere stato invece condannato a due anni con sospensione condizionale della pena con riguardo ai restanti capi di imputazione;

non ritiene, sulla base dell’esame della documentazione prodotta dal medesimo, di poter effettuare una valutazione diversa da quella già comunicata con il riscontro del 23 luglio 2021;

dalla lettura del mero dispositivo della sentenza prodotta dal reclamante “non è possibile comprendere per quali capi d’imputazione il reclamante sarebbe stato assolto né, tantomeno, se la sentenza si riferisca effettivamente alle vicende riportate negli articoli in esame” e dallo stesso risulta anzi che “l’XX sia stato effettivamente condannato per alcuni reati non meglio specificati, che potrebbero pertanto corrispondere ai medesimi reati oggetto degli articoli di cui agli URL contestati”;

gli elementi allegati pertanto non sono idonei a dimostrare “in modo inequivocabile l’estraneità dell’[interessato] ai fatti oggetto delle pagine web di cui agli URL contestati nè tantomeno l’insussistenza di un interesse pubblico alla reperibilità delle [relative] notizie” riferibili a gravi condotte rispetto alle quali non è ancora chiaro l’esito processuale posto peraltro che il giudice competente ha “esclusivamente emesso il dispositivo, senza la pubblicazione delle motivazioni e dell’intera sentenza relativa al procedimento penale nel quale il reclamante è imputato” e che rispetto ad essa risulta ancora esperibile il grado di appello;

deve pertanto ritenersi sussistente l’interesse del pubblico alla reperibilità delle informazioni contenute nelle pagine collegate agli URL oggetto di contestazione per le medesime ragioni già esposte nel precedente riscontro fornito;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi  trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO di quanto dichiarato da Google LLC in ordine al fatto che:

il contenuto dell’URL http://... non risulta visualizzato tra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante e di aver pertanto adottato, come già comunicato all’interessato nel riscontro fornito all’interpello preventivo  il 2 novembre 2021, “misure manuali per impedire il posizionamento della stessa tra i risultati associati al nome del [medesimo] nelle versioni europee del motore di ricerca Google”;

la pagina collegata all’URL https://... risulta priva di contenuto e che pertanto non risulta necessario alcun intervento in merito;

l’URL https://i... non è stato correttamente individuato dal reclamante non rendendo pertanto possibile alcun intervento da parte del titolare del trattamento;

RITENUTO pertanto, con riguardo ai sopra indicati URL, che non sussistano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

i contenuti reperibili tramite i predetti URL riguardano una vicenda giudiziaria riferita a reati gravi in cui è stato coinvolto l’interessato ed in merito alla quale, sulla base di quanto dichiarato e prodotto dal medesimo, risulta intervenuta nel 2021 una sentenza di primo grado che lo ha condannato, per alcune delle fattispecie di reato contestate, alla pena di due anni di reclusione con sospensione condizionale della pena e rispetto alla quale il medesimo ha dichiarato l’intenzione di proporre appello;

contrariamente a quanto affermato da quest’ultimo, gli articoli in questione non riportano solo informazioni relative alle ipotesi di reato da cui sarebbe stato assolto – in ordine alle quali non si dispone peraltro di notizie sufficienti essendo stato depositato il solo dispositivo della sentenza – ma anche fatti riferibili ai capi di imputazione per i quali il medesimo risulta essere stato condannato;

si tratta di una vicenda recente che ha coinvolto l’interessato nell’esercizio della funzione pubblica all’epoca svolta e rispetto alla quale deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse pubblico ad averne conoscenza tenuto anche conto della professione attualmente esercitata dal medesimo;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo infondato in ordine alla richiesta di rimozione dei sopra indicati URL; 

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a) prende atto di quanto dichiarato da Google in ordine agli URL  http://..., https://... e  https://... e ritiene pertanto che non siano sussistenti i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

b) dichiara il reclamo infondato con riguardo agli ulteriori URL oggetto di richiesta.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 10 febbraio 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei