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Provvedimento del 2 luglio 2020 [9445918]

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[doc. web n. 9445918]

Provvedimento del 2 luglio 2020

Registro dei provvedimenti
n.  128 del  2 luglio 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il dott. Antonello Soro, presidente, la prof.ssa Licia Califano e la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e il dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 29 aprile 2020 dalla sig.ra XX, nei confronti di Google LLC, con il quale la reclamante ha chiesto la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome di 47 URL rinvianti ad articoli relativi a una vicenda giudiziaria risalente al giugno 2012 ed avente ad oggetto il suo coinvolgimento in un procedimento penale per riciclaggio relativo ad ingenti somme di denaro ricevute da XX, conclusosi nel 2015 con decreto di archiviazione;

CONSIDERATO che la reclamante, in particolare, ha sostenuto che:

la notizia riportata dalle diverse fonti sarebbe obsoleta, anacronistica, risalente a 8 anni or sono, e che pertanto sarebbe stata ampiamente soddisfatta l’esigenza di cronaca giornalistica;

sarebbe invocabile il diritto all’oblio ai sensi dell’art. 17 del Regolamento, e in particolare il diritto a non essere ricordato per fatti che in passato furono oggetto di cronaca, mentre la notizia, ampiamente diffusa a suo tempo, continua a permanere stabilmente indicizzata nelle pagine web, provocando un grave danno alla sua persona e alla sua reputazione;

poiché in data 23 marzo 2015 il GIP del Tribunale di Milano, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., ha emesso un decreto di archiviazione del procedimento penale per infondatezza della notizia di reato, sia necessario tutelare il suo diritto alla riservatezza e all’identità personale in rete;

CONSIDERATO che la reclamante ha precisato di aver inviato a Google, il 10 marzo 2020, una richiesta di deindicizzazione avente ad oggetto gli URL in questione, che detta Società ha rigettato, ritenendo le informazioni in essi contenute né imprecise né obsolete;

VISTA la nota dell’8 maggio 2020 con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire riscontro alla richiesta della reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 28 maggio 2020 con la quale detto titolare ha dichiarato:

relativamente agli URL indicati nella propria memoria di risposta nel primo elenco (da n. 1 a n. 29), alla luce dei nuovi elementi e documenti forniti con il reclamo in esame, di aver deciso di bloccarli dalle versioni europee dei risultati di ricerca di Google, per le query correlate al nome della reclamante;

relativamente agli URL indicati nel secondo elenco (da n. 1 a n. 15) di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, in quanto essi riportano informazioni diverse rispetto alla vicenda giudiziaria conclusasi con l’archiviazione. Altri URL rimandano ad articoli che riferiscono di dichiarazioni della reclamante in merito alla richiesta di detenzione domiciliare del marito XX. Altri riferiscono del ruolo dell’interessata nell’ambito della fondazione dedita alla gestione della biblioteca del senatore XX. Per tali URL, pertanto, Google ha ritenuto di dover escludere la sussistenza di un diritto all’oblio per: a) evidente mancanza del requisito del trascorrere del tempo, in quanto le notizie risalgono ad un periodo compreso tra il 2016 e il 2018; b) ruolo pubblico della reclamante, per effetto della professione svolta e della esposizione mediatica; c) natura giornalistica dei contenuti in questione, relativi a notizie riportate in organi di stampa di rilevanza nazionale;

relativamente ai due seguenti URL:

1. https://...   

2. https://...

non avendo individuato in essi il nome del reclamante, di avere in corso di adozione misure manuali finalizzate ad impedire il posizionamento degli stessi tra i risultati di ricerca reperibili in corrispondenza del nome dell'interessata;

relativamente all’ultimo URL (https://...) che al momento esso non viene restituito dal motore di ricerca Google a fronte di ricerche effettuate a partire dal nominativo della reclamante e di non potere pertanto prendere alcun provvedimento al riguardo;

RILEVATO, preliminarmente, rispetto a quanto sopra rappresentato che:

- come comunicato da Google alle autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento, in quanto la società è stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo agli URL indicati nel primo elenco della memoria di risposta di Google (da n. 1 a n. 29), di quanto affermato dal titolare del trattamento nella nota del 28 maggio 2020 in ordine alla loro intervenuta deindicizzazione e ritenuto, pertanto, che relativamente ad essi non sussistano i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;

PRESO ATTO che gli ultimi tre URL indicati nella medesima memoria di Google (e sopra espressamente riportati) non risultano visibili in associazione al nominativo del reclamante e ritenuto pertanto, che, anche in tal caso, non vi siano gli estremi per l’adozione di provvedimenti da parte del Garante;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nel secondo elenco della memoria di risposta di Google  (da n. 1 a n. 15) che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito del trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, con riguardo a detti URL, che, conformemente a quanto sostenuto da Google:

le notizie riportate fanno riferimento a fatti diversi dalla vicenda giudiziaria conclusasi nel 2015;

è riscontrabile un persistente interesse pubblico relativamente ai contenuti in questione, in quanto si tratta di notizie riportate in organi di stampa di rilevanza nazionale relative ai rapporti tra XX e XX, su cui la reclamante risulta aver rilasciato, anche di recente, interviste e pubbliche dichiarazioni;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli URL sopra indicati;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento, per le ragioni di cui in premessa:

a) prende atto:

- con riguardo agli URL indicati nel primo elenco (da n. 1 a n. 29) della memoria di risposta di Google e

- con riguardo agli ultimi tre Url indicati nella medesima memoria, di quanto affermato dal titolare del trattamento, e, pertanto, non ritiene, nel caso di specie, che ricorrano gli estremi per l’adozione di ulteriori provvedimenti;

b) dichiara il reclamo infondato con riguardo agli URL indicati nel secondo elenco (da n. 1 a n. 15) della memoria di Google.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 2 luglio 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia