g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 19 settembre 2019 [9165102]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web. n. 9165102]

Provvedimento del 19 settembre 2019

Registro dei provvedimenti
n. 169 del 19 settembre 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante in data 19 ottobre 2018, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli relativi ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto, non reputando sussistente, in virtù del tempo trascorso, l’attuale interesse pubblico alla conoscibilità della stessa;

CONSIDERATO che l’interessato, ha, in particolare, rappresentato:

il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla diffusione di informazioni non più attuali, oltreché inesatte, evidenziando come detti articoli non diano atto della sentenza pronunciata in grado di appello con la quale è stata confermata la condanna inflitta in primo grado;

di essere uno stimato scrittore che cerca di superare i pregiudizi derivanti dalla vicenda che lo ha coinvolto e di "riqualificare la propria immagine", rilevando che negli anni successivi al suo verificarsi "ha mantenuto un comportamento impeccabile e virtuoso, interrompendo senza indugio e con costanza qualsiasi forma di comunicazione o contatto con la persona offesa";

l’insussistenza di un perdurante interesse del pubblico a conoscere dell’intervenuta condanna per fatti risalenti al 2014, per i quali il medesimo "ha già pagato il suo conto con la giustizia", tenuto conto del fatto che non riveste alcun ruolo di rilievo pubblico;

VISTA la nota dell’11 dicembre 2018 con la quale l’Autorità ha chiesto a Google di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 27 dicembre 2018 con la quale Google LLC, rappresentata e difesa dagli avv.ti XX, XX ed XX, ha comunicato:

che gli URL individuati con i nn. da 1 a 3 nella memoria depositata (cfr. pag. 4) non risultano reperibili in associazione al nominativo dell’interessato;

con riguardo agli ulteriori URL oggetto di reclamo, di non poter aderire alla richiesta di rimozione avanzata dal reclamante ritenendo che, nel caso in esame, non ricorrano i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio trattandosi di una vicenda recente conclusasi con la condanna del medesimo - peraltro confermata nel 2018 dal giudice d’appello - che il pubblico ha interesse a conoscere in virtù del ruolo rivestito, nonché della particolare gravità del reato ascritto all'interessato;

che le Linee Guida adottate il 26 novembre 2014 dal Gruppo art. 29, in attuazione dei principi fissati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12), prevedono che le Autorità di protezione dati debbano valutare con estrema cautela le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti reati gravi stabilendo che, di regola, "si possa "considerare la deindicizzazione di risultati di ricerca relativi a reati minori accaduti molto tempo fa”, mentre il diritto all’oblio non sussiste rispetto a "reati più gravi" e meno risalenti";

VISTA la nota del 30 luglio 2019 con la quale è stata comunicata alle parti, ai sensi dell’art. 143, comma 3, del Codice, nonché dell’art. 8, comma 1, del regolamento dell'Autorità n. 2/2019 (in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 9107640), la proroga del termine per la definizione del procedimento;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

PRESO ATTO:

con riguardo agli URL indicati con i nn. da 1 a 3 nella memoria della società resistente (cfr. pag. 4), che quest’ultima ha dichiarato nel corso del procedimento – dichiarazione della quale l’autore risponde ai sensi dell’art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante” – che detti URL non sono, allo stato attuale, restituiti dal motore di ricerca in associazione al nominativo del reclamante;

con riguardo all’URL indicato nella medesima memoria con il n. 6 che, secondo quanto confermato anche dall’interessato, il contenuto reperibile tramite di esso non contiene informazioni a lui riconducibili;

RITENUTO, pertanto, con riguardo agli URL appena sopra individuati, che non vi siano gli estremi per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo in quanto reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

CONSIDERATO che:

gli URL individuati con i n. da 4 a 24 – ad esclusione del n. 6 – e da 26 a 31 della memoria di controparte rinviano ad articoli di giornale che non riportano le informazioni relative all’evoluzione giudiziaria della vicenda, ovvero il fatto che la stessa si sia conclusa con una condanna dell’interessato, sebbene al medesimo è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena;

tuttavia la vicenda, specie sotto il profilo giudiziario, è stata portata nuovamente all’attenzione del pubblico dai mezzi di informazione, che hanno riportato la notizia, anche on line, della circostanza che la Corte di Cassazione, nello scorso mese di settembre, ha confermato la condanna inflitta, riattualizzando pertanto l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti;

RITENUTO di dover dichiarare il reclamo infondato in ordine alla richiesta di rimozione degli URL sopra menzionati;

RILEVATO, con riguardo all’URL individuato nella memoria della resistente con il n. 25, che:

l’articolo ad esso collegato riporta correttamente la notizia dell’intervenuta condanna del reclamante pronunciata in primo grado nel 2015 con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena;

benché il relativo articolo non contenga la notizia dell’intervenuta conferma della condanna in grado di appello avvenuta nel 2018, i dati riguardanti l’interessato devono ritenersi esatti essendo stato formulato in quella sede un giudizio analogo a quello reso in primo grado;

il giudice ha concesso all’interessato il beneficio della sospensione condizionale della pena che determina l’estinzione del reato (cfr. art. 163 c.p.) solo nell’ipotesi in cui non vengano commessi reati analoghi nei cinque anni successivi alla pronuncia, causando, in caso contrario, la revoca del beneficio stesso;

tale termine, tuttavia, non è ancora spirato e pertanto, tenuto anche conto dell’attività attualmente svolta dal reclamante e del fatto che si tratta di una vicenda recente, deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse del pubblico a conoscere la relativa vicenda;

RITENUTO di dover dichiarare il reclamo infondato in ordine alla richiesta di rimozione dell’URL sopra specificato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

prende atto che gli URL indicati con i nn. da 1 a 3 non risultano, allo stato attuale, restituiti dal motore di ricerca in associazione al nominativo del reclamante, mentre l’URL indicato con il n. 6 non contiene informazioni relative al reclamante, e ritiene pertanto che, nel caso di specie, non ci siano gli estremi per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

dichiara il reclamo infondato con riguardo agli URL indicati con i nn. da 4 a 25  nella memoria della resistente.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 19 settembre 2019

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia