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Newsletter 23 - 29 ottobre 2000

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Newsletter 23 - 29 ottobre 2000  

 

  • La privacy dei giocatori di "Bingo"
  • P.A.: Il Garante scrive alla Presidenza del Consiglio
  • Le assicurazioni nell´era della genetica
  • Il sito della settimana - www.epic.org

 

La privacy dei giocatori di ´Bingo´

Riprese televisive solo sull´estrazione delle palline e niente schedature delle persone che accedono alle sale da gioco.

Nel parere sullo schema di decreto ministeriale riguardante il regolamento di gioco del "bingo", espresso su richiesta del Ministero delle finanze, il Garante ha formulato alcune osservazioni.

La prima riguarda le riprese nelle sale da gioco. Il regolamento prevede attualmente che nelle sale vengano installati impianti televisivi a circuito chiuso per controllare la regolarità dello svolgimento del gioco. Il momento dell´estrazione di ogni pallina verrebbe trasmesso, infatti, sui vari monitor distribuiti nella sala per assicurare la perfetta visibilità a tutti i giocatori presenti. Ebbene, ha chiarito l´Autorità, le riprese dovranno riguardare solo il meccanismo di estrazione delle palline e non i giocatori ed i visitatori presenti nelle sale.

L´altro rilievo riguarda le misure che si intenderebbe adottare per impedire l´ingresso nelle sale di determinati soggetti, quali, ad esempio, minori non accompagnati o persone moleste. Lo schema di regolamento prevedeva che il concessionario della sala dovesse compilare, per ogni persona che accede nella sala gioco, una scheda con nome, cognome, documento di riconoscimento, data di nascita e data della prima ammissione. Inoltre, per consentire l´accesso alla sala da gioco, il concessionario avrebbe dovuto tutte le volte richiedere ad ogni giocatore e visitatore di esibire un documento di riconoscimento annotandone il giorno nella scheda personale.

Tali schede contrasterebbero con la legge sulla riservatezza dei dati e vanno eliminate. Il Garante ha, infatti, segnalato che la finalità di sicurezza può essere perseguita efficacemente anche senza procedere alla schedatura indiscriminata degli innumerevoli visitatori delle sale dislocate sul territorio nazionale e di tutti i loro singoli ingressi: il personale di vigilanza della sala potrebbe, infatti, nelle situazioni nelle quali fosse necessario, chiedere a determinati soggetti di esibire un documento di identità e adottare i provvedimenti del caso.

Il contrasto con la legge sulla privacy che si verrebbe a creare con la compilazione delle schede non verrebbe sanato, ha precisato l´Autorità, neanche con una riduzione del periodo - peraltro lungo - di conservazione dei dati, previsto dal regolamento in cinque anni, né mediante le cautele da adottare per evitare accessi indiscriminati alle schede.

 

P.A.: Il Garante scrive alla Presidenza del Consiglio
(comunicato stampa del 25 ottobre)

L´Autorità Garante per la protezione dei dati personali, nello spirito di collaborazione che ha sempre contraddistinto la sua attività, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri per esprimere preoccupazione riguardo alle inadempienze di amministrazioni pubbliche nei confronti di alcuni importanti obblighi previsti dalla normativa sulla protezione dei dati e perché venga valutata l´opportunità di un intervento di sensibilizzazione da parte del Governo.

Ricordando come, già nel settembre 1997, la stessa Presidenza del Consiglio avesse richiamato l´attenzione dei Ministeri sulla necessità di dare piena attuazione alla legge n.675 del 1996, l´Autorità torna a segnalare innanzitutto la perdurante violazione, da parte di amministrazioni pubbliche, del dovere di consultazione del Garante, in relazione a decreti che disciplinano specificamente il trattamento dei dati personali o ad altri provvedimenti che comunque incidono sulle materie disciplinate dalla legge n.675.

A tale proposito, l´Autorità ribadisce la circostanza che i regolamenti e gli atti amministrativi adottati senza la consultazione del Garante sono viziati e annullabili. Ciò può anche determinare violazioni del diritto comunitario in materia che il Garante si troverebbe, pertanto, a dover necessariamente segnalare alle competenti autorità dell´Unione.

La seconda questione sollevata dal Garante, e verificata in numerose amministrazioni, riguarda la mancata attivazione, entro lo scorso 31 dicembre 1999, della procedura prevista per disciplinare il trattamento dei dati sensibili e di carattere giudiziario. In base alla normativa sulla protezione dei dati, le amministrazioni sono infatti obbligate ad individuare, con specifiche norme regolamentari e non con meri atti amministrativi, i dati da utilizzare e le operazioni che con essi si possono eseguire.

Tale inadempienza, sottolinea il Garante, si riflette sulla stessa liceità del trattamento dei dati ed espone molte amministrazioni a possibili blocchi dell´uso dei dati e ad eventuali sanzioni, oltre che ad un ampio contenzioso con cittadini.

Un terzo elemento di preoccupazione riguarda il notevole ritardo registrato nell´emanazione, da parte del Ministero della Sanità, di alcune norme regolamentari in materia. In particolare, del previsto decreto che interessa l´intero servizio sanitario nazionale e la cui mancanza comporta seri problemi a tutti gli operatori sanitari per quanto riguarda la liceità del proprio operato, la semplificazione degli adempimenti posti a garanzia dei cittadini (ad es., la richiesta "una tantum" del consenso all´uso dei dati), l´individuazione delle procedure da seguire per il trattamento dei dati sensibili.

Sottolineando tale situazione non conforme ai criteri delle norme, che si registra presso tutte le strutture sanitarie italiane, il Garante auspica una rapida adozione del decreto e delle altre misure ancora mancanti, incluse quelle riguardanti le condizioni e le modalità per l´identificazione dei pazienti nelle ricette mediche e le caratteristiche delle carte sanitarie.

 

Le assicurazioni nell´era della genetica
(The Economist del 21 ottobre)

Le informazioni genetiche dovrebbero essere disponibili alle compagnie di assicurazione, purché i governi siano pronti a far fronte alle conseguenze.

Una recente decisione che non ha precedenti da parte di una commissione istituita dal governo britannico, secondo la quale le compagnie che stipulano polizze di assicurazione sulla vita devono poter accedere ai risultati di test genetici eseguiti dalla clientela, annuncia l’avvento di una nuova era per questo settore. Le compagnie di assicurazione devono poter accedere ai risultati di un test genetico riferito alla corea di Huntington - una patologia terribile che condanna chi ne è colpito ad una morte precoce. Altri Paesi ritengono, per adesso, che i dati genetici debbano restare privati. Ma la Gran Bretagna ha fatto la cosa giusta (rispetto alle compagnie di assicurazione) e non v’è dubbio che diventerà possibile accedere anche ai risultati di altri test. Adesso occorre che il governo stabilisca come comportarsi con gli sfortunati portatori di geni dannosi.

La ragione per cui è giusto comunicare i risultati di test genetici alle compagnie di assicurazione è che l’alternativa sarebbe il lento collasso del mercato assicurativo. Le persone che risultassero negative ai test genetici per patologie degenerative come la corea di Huntington avrebbero probabilmente minore interesse a stipulare una polizza di assicurazione. Chi invece risultasse positivo troverebbe che le polizze assicurative sono un affare vantaggioso ai costi attuali. Le compagnie di assicurazione soffrirebbero perdite e quindi sarebbero costrette ad aumentare tutti i premi versati dai clienti. E ciò non farebbe che inasprire il problema: le polizze assicurative sarebbero interessanti per un numero sempre minore di persone sane, visto che queste ultime pagherebbero premi assicurativi ingiustamente elevati. I premi continuerebbero ad aumentare secondo quella che gli esperti definiscono una "spirale mortale", man mano che i sani rinunciano alla polizza assicurativa. Alla fine rimarrebbero solo le persone meno sane, che pagherebbero premi di entità astronomica - ma senza alcun profitto per le compagnie assicurative.

Se le informazioni genetiche saranno oggetto di comunicazione anche le compagnie assicurative si troveranno a dover affrontare alcuni problemi. Man mano che procede la definizione del genoma umano, diminuirà il numero delle nuove polizze e, quindi, si ridurranno i profitti. La maggior parte delle persone continuerà ad aver bisogno di una polizza assicurativa: resterà infatti ancora piuttosto alta l’alea relativa ai benefici conseguibili, in termini di gruppo, sulla base dei rischi complessivi, e inoltre non sono esclusivamente fattori di ordine genetico a decidere il destino della maggioranza di noi. Ma le persone più sane, ben consapevoli della robustezza del proprio patrimonio genetico, non troveranno più interessanti come prima le polizze assicurative; nel frattempo chi è potenzialmente soggetto ai rischi maggiori diventerà non più assicurabile.

Chi ha una probabilità elevata di sviluppare patologie terminali potrà ancora stipulare una polizza di assicurazione - ma contro gli incidenti automobilistici e di altra natura. E può ben darsi che nascano nuovi prodotti assicurativi per coprire settori specifici di rischio. Ad esempio, le donne con geni che indichino suscettibilità ai tumori mammari potrebbero ottenere l’assicurazione accettando di sottoporsi a terapie per la riduzione del rischio. Ma polizze di questo tipo comporteranno comunque premi più costosi, anche solo per pagare i costi di controllo.

 

DNA e destino
Come comportarsi, allora, con questi sfortunati? Attualmente i governi non prevedono forme di risarcimento per chi paga premi più elevati su polizze sanitarie in quanto fumatore, né per chi paga premi più elevati rispetto ad assicurazioni su autoveicoli perché più giovane. Però ammettono la necessità di risarcire chi è portatore di handicap, e lo stesso principio dovrebbe valere per chi è portatore di geni indesiderati. Creare una casta inferiore di persone sfavorite geneticamente sarebbe inaccettabile - così come è inaccettabile ogni discriminazione basata su fattori razziali o di sesso. La previsione di un risarcimento faciliterebbe la realizzazione di condizioni effettive di pari opportunità.

Un modo per aiutare chi è sfavorito geneticamente sarebbe quello di obbligare le compagnie di assicurazione a stipulare una polizza con questi soggetti - o meglio, di obbligare tutti indistintamente a stipulare un’assicurazione sulla vita, per garantire che le compagnie dispongano di un bacino di rischio sufficientemente ampio. Il problema è che, così facendo, si creerebbe il caos nel mercato assicurativo: con un sistema del genere, gli individui più sani dovrebbero pagare per chi avrebbe stipulato una polizza in ogni caso, oltre a dover sostenere i costi della minoranza che altrimenti non avrebbe potuto accedere all’assicurazione.

Di fatto, la previsione di un’assicurazione obbligatoria rappresenta uno strumento meno efficace per aiutare chi non è sano rispetto alla semplice imposizione di un’imposta generalizzata. Il governo potrebbe così risarcire i familiari delle persone decedute prematuramente anziché offrire un’assicurazione sulla vita, e magari potrebbe coprire parte delle spese mediche di chi non ha ottenuto una polizza sanitaria. Nella lotteria del patrimonio genetico solo i governi possono ambire a riparare alle ingiustizie della vita.

 

Il sito della settimana - www.epic.org

A partire da questa settimana la "Newsletter" del Garante intende offrire una breve rassegna delle notizie più significative presenti nei siti Internet che si occupano di privacy.

Sulle pagine del sito web dell´EPIC (Electronic Privacy Information Center) di Washington, è apparsa la notizia che ventotto gruppi membri della Global Internet Liberty Campaign (GILC), una coalizione internazionale composta da organizzazioni per le libertà civili e i diritti umani, hanno inviato una lettera al Consiglio d’Europa per invitarlo a respingere l’attuale versione della Convenzione europea sul cybercrimine. Secondo i gruppi della coalizione, la bozza di accordo è contraria alle norme, riconosciute a livello internazionale, sulla privacy e la libertà di espressione degli utenti di Internet. La Convenzione - si legge nella lettera - estenderebbe in maniera impropria l’autorità di polizia dei governi nazionali, frenerebbe lo sviluppo delle tecniche di sicurezza di rete e ridurrebbe la responsabilità dei governi nella futura gestione delle leggi. In particolare si criticano le norme degli articoli 17, 18, 24 e 25, che impongono ai fornitori di servizi Internet di conservare le registrazioni delle attività dei loro clienti. Queste norme determinano - ad avviso della GILC - un significativo rischio alla privacy e ai diritti umani degli utenti di Internet e sono contrarie ai principi sulla protezione dei dati stabiliti nella Direttiva europea sulla protezione dei dati. Simili informazioni sulle transazioni, concludono i membri della coalizione, sono state usate in passato per identificare dissidenti e perseguitare minoranze.

Scheda

Doc-Web
46034
Data
23/10/00

Tipologie

Newsletter