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Newsletter 2 - 8 luglio 2001

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Newsletter 2 - 8 luglio 2001

 

  • Intercettazioni telefoniche e procedimenti disciplinari
  • Tlc. Garanti europei contro la conservazione eccessiva dei dati di traffico
  • Controllo delle e-mail dei lavoratori

 

Intercettazioni telefoniche e procedimenti disciplinari

Non viola la privacy la forza di polizia che utilizza i risultati delle intercettazioni telefoniche nell’ambito di un procedimento disciplinare.

Lo ha stabilito il Garante rigettando il ricorso di un appartenente ad una forza di polizia che si era rivolto all’Autorità per ottenere il blocco dei dati trattati dalla propria amministrazione. L’interessato aveva lamentato che l’amministrazione avesse acquisito e utilizzato, nell’ambito di un procedimento disciplinare, copia dei verbali di riascolto e le trascrizioni delle conversazioni telefoniche effettuate sulle sue utenze telefoniche nel corso di un procedimento penale a suo carico, conclusosi con un decreto di archiviazione da parte del Gip competente. A giudizio dell’interessato, i verbali contenenti i risultati delle intercettazioni telefoniche non avrebbero potuto, in base ad una specifica disposizione del codice di procedura penale (art. 270), essere utilizzati nel procedimento disciplinare avviato a suo carico e ancora in corso. Inoltre, l’utilizzo dei suoi dati personali sarebbe stato autorizzato dalla procura competente in violazione delle norme sulla privacy relative alla comunicazione di dati da un’amministrazione pubblica ad un’altra.

Il Garante ha ritenuto infondato il ricorso. La norma invocata, riguardante la non utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche in determinati procedimenti penali, prevede una limitazione all’uso di tali elementi di prova solo in altri procedimenti disciplinati dal codice di procedura penale. La stessa norma, invece, non preclude, in linea generale, la utilizzazione delle trascrizioni delle intercettazioni lecitamente acquisite in provvedimenti diversi da quello penale, come è appunto quello disciplinare, nel quale i dati desunti dalle intercettazioni - sebbene non siano sufficienti a comprovare una responsabilità di tipo penale - possono valere quale indice di comportamenti valutabili per stabilire, come nel caso in questione, la compatibilità con i compiti, le responsabilità ed il prestigio di un funzionario pubblico, le sue frequentazioni, in particolare con pregiudicati, nello stesso ambito territoriale nel quale il funzionario presta servizio. E’ però necessario che i dati siano richiesti e rilasciati secondo la procedura prevista dal citato codice.

Non hanno poi fondamento, ha precisato l’Autorità, le censure del ricorrente riguardo alla comunicazione da parte dell’autorità giudiziaria e questo anche in considerazione del fatto che ai trattamenti svolti da parte degli uffici giudiziari si applicano al momento solo alcune disposizioni in materia di protezione dei dati personali (specificamente enumerate nell’art.4, comma 2, della legge n.675 del 1996).

 

Tlc. Garanti europei contro la conservazione eccessiva dei dati di traffico

I Garanti europei sono contrari alla conservazione indiscriminata dei dati di traffico prevista nella nuova direttiva europea su privacy e telecomunicazioni. La conservazione sistematica, a titolo preventivo, di dati sul traffico relativi alle comunicazioni effettuate da cittadini dell’UE, e di altri dati connessi, configurerebbe, ad avviso dei Garanti, una lesione dei diritti fondamentali alla privacy, alla protezione dei dati, alla libertà di espressione, alla libertà ed alla presunzione di innocenza.

Stefano Rodotà, presidente del Gruppo europeo che riunisce le Autorità garanti della protezione dei dati, ha inviato al Presidente della Commissione europea, al Presidente del Consiglio dell’Unione Europea e al Presidente del Parlamento Europeo una lettera con la quale il Gruppo esprime preoccupazione e segnala la propria contrarietà su alcune modifiche alla bozza di nuova direttiva sulla privacy e la tutela dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche proposta dalla Commissione europea.

Il Consiglio europeo - Telecomunicazioni (che riunisce i ministri degli Stati membri competenti per il settore) ha esaminato il testo della proposta della Commissione europea il 27 e 28 giugno scorsi, per decidere in ultima istanza sugli emendamenti presentati da alcuni Stati membri dell’UE.

Il Regno Unito, in particolare, aveva chiesto (con l’appoggio di altri Stati membri quali il Belgio) di modificare alcune norme della direttiva 97/66 nel senso di eliminare l’obbligo, per i gestori di reti o servizi di comunicazioni pubbliche, di cancellare i dati di traffico una volta completata la trasmissione per cui essi risultano necessari, così come è attualmente previsto dall’articolo 6 della direttiva.

Verrebbe invece introdotto il principio che tali dati possono essere conservati per scopi legittimi "secondo quanto stabilito dalla legislazione nazionale o da strumenti pertinenti". In tal modo si sottrarrebbe al controllo comunitario la definizione dei casi in cui il trattamento ulteriore di questi dati personali risulta legittimo, soprattutto per finalità connesse alla repressione dei reati.

Un altro punto controverso riguarda l’articolo 15 della proposta di direttiva, anch’esso oggetto di una modifica sostenuta dal Regno Unito. In base a tale modifica, gli Stati membri potrebbero introdurre deroghe nel diritto interno, rispetto alla direttiva comunitaria sulle telecomunicazioni, che consentirebbero alle forze dell’ordine di disporre di un maggiore mole di dati di traffico e di minori vincoli per lo svolgimento della loro attività (ad esempio, per le intercettazioni). Se passasse la modifica proposta dal Regno Unito, dunque, fra le nuove possibilità di deroga che i legislatori nazionali potrebbero introdurre (rispetto, ad esempio, all’obbligo della richiesta di consenso dell’interessato e alla cancellazione dei dati una volta raggiunti gli scopi per i quali sono stati raccolti) rientrerebbero anche i trattamenti per fini di giustizia e polizia, nonché per finalità di natura sanitaria.

Il dibattito su questi temi è stato molto acceso, ed ha visto una contrapposizione piuttosto netta fra le delegazioni. Il Consiglio ha deciso di accogliere l’emendamento proposto dal Regno Unito rispetto all’articolo 6, mentre, permanendo il disaccordo sulla modifica dell’articolo 15, si è stabilito che il Comitato dei rappresentanti permanenti continuasse a lavorare sul tema per giungere rapidamente all’adozione della direttiva durante la presidenza belga (quindi entro il mese di dicembre 2001).

La difficoltà della trattativa e la delicatezza dei temi affrontati hanno comunque trovato riflesso nella proposta di un Forum delle telecomunicazioni da tenersi presumibilmente il prossimo settembre, in Belgio, per dare modo a tutte le parti in causa (Parlamento europeo, Consiglio, Commisione, autorità di garanzia, soggetti sociali) di confrontarsi ed esprimere i rispettivi punti di vista.

Si ricorda, inoltre, che il Parlamento europeo deve ancora pronunciarsi sul testo della proposta di direttiva.

Alla luce di questa situazione, pubblichiamo di seguito il testo della lettera del Prof. Rodotà al Presidente in carica del Consiglio dell’Unione Europea per dare conto della posizione assunta dai Garanti europei e delle motivazioni sostanziali sulle quali essa è fondata:


"Egregio Signor Primo Ministro,

Il Parlamento europeo ed il Consiglio intendono perfezionare le rispettive posizioni in merito alla proposta della Commissione di una direttiva sulla privacy e la tutela dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche.

Tale proposta traduce nel settore delle comunicazioni elettroniche i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo relativi al diritto alla privacy ed alla protezione dei dati, prevedendo la riservatezza delle comunicazioni e la cancellazione dei dati di traffico una volta completata la comunicazione. Per esigenze legate all’attività delle forze dell’ordine, l’Articolo 15, comma 1, della proposta di direttiva prevede una serie di deroghe ben determinate e conformi con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Sembra che alcuni Stati membri intendano modificare questo equilibrio per ampliare le possibilità riconosciute alle forze dell’ordine oltre il limite accolto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella propria giurisprudenza relativa all’Articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il Gruppo di lavoro sulla protezione dei dati istituito ai sensi dell’Articolo 29 della direttiva 95/46 ritiene che il Consiglio ed il Parlamento europeo debbano opporsi ad ogni modifica delle disposizioni attualmente in vigore che garantiscono la riservatezza delle comunicazioni (Articolo 5) e limitano il trattamento dei dati di traffico (Articolo 6). Non è accettabile che si estendano gli ambiti del trattamento iniziale di dati per aumentare la quantità di dati disponibili ai fini delle attività condotte dalle forze dell’ordine. Qualsiasi modifica di queste disposizioni fondamentali, direttamente connesse a diritti fondamentali della persona umana, trasformerebbe l’eccezione in una nuova regola. La conservazione sistematica a titolo preventivo di dati sul traffico relativi alle comunicazioni effettuate da cittadini dell’UE, e di altri dati connessi, configurerebbe una lesione dei diritti fondamentali alla privacy, alla protezione dei dati, alla libertà di espressione, alla libertà ed alla presunzione di innocenza. In una situazione di questo genere, si potrebbe ancora affermare che la società dell’informazione è una società democratica?

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce tutti questi diritti e libertà fondamentali, ed esige che ogni limitazione del loro esercizio rispetti l’essenza di tali diritti e libertà. Inoltre, la Carta prende nettamente posizione sulle linee di tendenza relative alla tutela di questi diritti, che sono sanciti anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, affermando che il diritto dell’Unione può prevedere forme più ampie di tutela. Un livello di tutela meno elevato sarebbe inaccettabile in termini sia giuridici sia politici.

A nome del Gruppo di lavoro, invito pertanto l’istituzione che Lei presiede a mantenere l’approccio bilanciato oggi esistente, secondo la proposta formulata inizialmente dalla Commissione europea, rispettando appieno i nostri impegni internazionali così come fissati nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nella pertinente giurisprudenza".

 

Controllo delle e-mail dei lavoratori
(comunicato 7 luglio 2001)

In riferimento a notizie apparse su alcuni quotidiani, riguardanti il controllo delle e-mail sul posto di lavoro, l´Autorità Garante per la protezione dei dati personali smentisce che sia mai stato adottato alcun provvedimento e tanto meno una "sentenza" che fissi nuove regole, prevedendo addirittura il licenziamento dei lavoratori, né che dia alcun "benestare", peraltro da nessuno richiesto, a documenti di organismi di categoria relativi al corretto uso degli strumenti informatici in azienda.

Va inoltre precisato che il Presidente Rodotà non ha mai rilasciato alcuna dichiarazione in merito.

Il Garante si è al contrario riservato di adottare un provvedimento in materia, anche sulla scorta di approfondimenti in corso con le Autorità garanti di altri Paesi e tenendo conto dei provvedimenti già emanati, tra i quali uno riguardante le garanzie assicurate alla corrispondenza elettronica.

La legge sulla privacy (art.43, comma 2) fa comunque salve le norme dello Statuto dei lavoratori che non consentono alcun controllo a distanza dei lavoratori se non previa definizione di precisi limiti per l´azienda e dopo l´accordo con le rappresentanze sindacali.