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I - Stato di attuazione della legge n. 675/1996 - Sorveglianza e sistemi biometrici - Relazione 2000 - 17 luglio 2001

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Relazione 2000

I - Stato di attuazione della legge n. 675/1996


Sorveglianza e sistemi biometrici

48. VIDEOSORVEGLIANZA
Il tema della videosorveglianza è stato nello scorso anno tra quelli con riferimento ai quali il Garante ha profuso un particolare impegno, sia per la diffusione del fenomeno, sia in ragione della particolare sensibilità manifestata al riguardo da parte di numerosi cittadini.

In attesa di una specifica normativa che disciplini l´utilizzo dei sistemi di videosorveglianza, le regole previste in via generale dalla disciplina sul trattamento dei dati personali risultano (anche sulla scorta delle indicazioni comunitarie contenute nella direttiva n. 95/46/CE) già applicabili alle immagini ed ai suoni, nel caso in cui le apparecchiature che li rilevano permettano di identificare, in modo diretto o indiretto, un determinato soggetto.

In questo quadro, anche in uno spirito di collaborazione che molte amministrazioni hanno sino ad oggi dimostrato, taluni enti locali hanno ritenuto di interpellare preventivamente il Garante con riferimento ad iniziative di controllo del territorio da realizzare attraverso l´impiego di dispositivi elettronici.

In particolare, il Comune di Mantova ha sottoposto al Garante un progetto di installazione di un sistema di tele-sorveglianza in alcune zone della città, basato su dodici telecamere, in parte destinate ad effettuare rilevazioni a fini statistici e di studio degli accessi dei veicoli al centro storico e nelle zone a traffico limitato, in parte utilizzate per finalità di controllo a distanza "con funzioni di prevenzione e epressione di attività illecite".

Nella specie, il Garante, con provvedimento del 7 marzo 2000, ha fatto presente che per gli aspetti concernenti l´installazione e l´esercizio di impianti per la rilevazione degli accessi di veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, occorreva tener conto della nuova disciplina introdotta dal d.P.R. n. 250/1999, il quale prevede, tra l´altro, per i comuni interessati, l´obbligo di munirsi di un´autorizzazione rilasciata dal Ministero del lavori pubblici, nonché il vincolo di utilizzazione degli impianti per raccogliere dati riguardanti il luogo, il tempo e l´identificazione dei veicoli che accedono al centro storico o nelle zone a traffico limitato, rilevando immagini solamente in caso di infrazione. Alla luce di ciò, il Garante ha chiesto di rivedere l´impostazione del progetto, nella parte in cui ipotizzava una rilevazione sistematica di tutte le targhe dei veicoli transitati, con la previsione di una verifica a posteriori al fine di redigere una lista dei soggetti "sanzionabili" e una rilevazione anonima prevista solo in una fase successiva, per fini statistici e di studio.

La vicenda ha offerto l´occasione all´Autorità per ribadire che la legge n. 675/1996 è applicabile anche ai trattamenti di immagini effettuati attraverso i sistemi di videosorveglianza, a prescindere dalla circostanza che le informazioni siano registrate in un archivio elettronico o eventualmente comunicate a terzi dopo la loro temporanea raccolta e conservazione attraverso circuiti di controllo.

Benché sia vero che le registrazioni effettuate mediante l´uso di telecamere non contengono sempre e necessariamente dati di carattere personale, in quanto la distanza, l´ampiezza dell´angolo visuale e la qualità degli strumenti possono rendere non identificabili le persone inquadrate, la c.d. legge sulla privacy considera "dato personale" qualunque informazione relativa a persone anche non identificate, ma identificabili anche indirettamente mediante riferimento a qualsiasi altra informazione. Sicché, ai fini dell´applicazione della legge n. 675/1996, non è necessario che le persone vengano identificate in maniera chiara ed univoca, essendo al contrario sufficiente che i soggetti risultino identificabili attraverso, ad esempio, il collegamento con altre fonti conoscitive, quali foto segnaletiche, identikit o archivi di polizia contenenti immagini.

L´Autorità ha quindi invitato il Comune di Mantova a compiere un´attenta verifica, in riferimento alle finalità indicate nel progetto (in particolare con riguardo a quelle di "prevenzione e repressione di attività illecite criminali"), al fine di accertare quali di esse rientrassero effettivamente tra le funzioni istituzionali demandate all´ente stesso, alla luce dell´ordinamento degli enti locali all´epoca dei fatti vigente, dell´ordinamento della polizia municipale, nonché dagli statuti e dai regolamenti comunali (v. art. 27, comma 1, l. n. 675/1996), sollecitando altresì l´ente locale ad individuare misure di sicurezza idonee ad assicurare un uso corretto dei dati da parte dei soggetti legittimati (art. 15, l. n. 675/1996 e d.P.R. n. 318/1999), nonché di modalità volte a fornire agli interessati, in modo efficace, l´informativa prevista dall´art. 10 della legge n. 675/1996.

In relazione alla prevista installazione degli impianti di tele-sorveglianza nel Comune di Mantova, il Garante ha in conclusione segnalato la necessità di apportare talune modifiche al progetto, al fine di renderlo conforme a quanto rilevato in sede di esame preventivo, evidenziando in particolare:

a) la necessità di introdurre una limitazione delle modalità di ripresa delle immagini (memorizzazione, conservazione, angolo visuale delle telecamere e limitazione della possibilità di ingrandimento dell´immagine), anche al fine di assicurare il rispetto dei principi fondamentali fissati dall´art. 9 della legge n. 675/1996, specie in ordine alla pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto agli scopi perseguiti;

b) la necessità di istituire una correlazione tra liceità e pertinenza della raccolta di informazioni e il previsto livello elevato di precisione e di dettaglio della ripresa dei tratti somatici delle persone (si parlava infatti di "zoom e/o brandeggio motorizzato, con la conseguente possibilità di gestire al meglio l´inquadratura"), nonché di tener conto dei precisi limiti posti all´installazione di impianti audiovisivi dall´art. 4 della legge n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), evitando altresì la ripresa sistematica di luoghi privati;

c) la necessità di individuare i soggetti legittimati all´accesso, alla custodia ed all´utilizzazione alle registrazioni anche all´interno dell´ente, escludendo persone diverse dai responsabili e dagli incaricati;

d) la necessità di precisare che, ai fini dell´analisi dei flussi di traffico, il trattamento è effettuato con modalità volte a salvaguardare l´anonimato, ma solo successivamente alla fase della raccolta, giacché le immagini registrate possono contenere dati di carattere personale.

Diversamente dal Comune di Mantova, che si era limitato a predisporre un progetto (sul quale ci si è soffermati in questa sede anche perché presenta profili poi risultati comuni ad altre iniziative), quello di Portici ha trasmesso al Garante la delibera della Giunta comunale con la quale era stato approvato uno schema di regolamento per l´installazione e l´utilizzo di impianti di videosorveglianza del territorio, di telecontrollo ambientale e di pannelli a messaggi variabili.

Dall´esame di tale provvedimento è emerso che con tali impianti il Comune intendeva monitorare le zone nevralgiche del traffico cittadino ed i punti di maggiore concentrazione abitativa, per una pluralità di finalità, tra le quali: a) dotarsi di uno strumento attivo di protezione civile; b) identificare, in tempo reale, luoghi e ragioni di ingorghi per consentire, fra l´altro, il pronto intervento della polizia municipale; c) rilevare infrazioni al codice della strada; d) rilevare situazioni di pericolo per la sicurezza pubblica, consentendo l´intervento degli operatori. Anche in tal caso, l´Autorità, con provvedimento del 17 febbraio 2000, ha segnalato la necessità di apportare talune modificazioni allo schema di regolamento, al fine di renderlo armonico con le previsioni della legge n. 675/1996.

Queste vicende, che hanno offerto un´ulteriore attestazione dell´interesse sviluppatosi attorno al tema della videosorveglianza, hanno stimolato altresì una valutazione istituzionale delle dimensioni e delle caratteristiche del fenomeno, basata anche sull´ausilio di esperti esterni. È stata curata, così, un´importante esperienza di ricerca "sul campo", condotta con la collaborazione della società Ipermedia. La ricerca, condotta tra il 20 marzo e il 20 maggio 2000, ha avuto lo scopo di fornire una valutazione preliminare circa la presenza dei sistemi di videosorveglianza visibile esterna nei luoghi pubblici di alcune città italiane: Milano, Verona, Roma, Napoli. Più specificatamente, si è trattato di uno studio pilota volto a fornire, attraverso i dati raccolti, alcune indicazioni sulla presenza di tali strumenti nel nostro Paese e porre, quindi, le basi per un eventuale studio di più ampio respiro, destinato alla misurazione esaustiva del fenomeno ed alla valutazione del suo "impatto ambientale".

Il campo d´indagine è stato individuato nelle zone centrali e semicentrali di Milano, Roma, Napoli e Verona.

Data la dimensione esplorativa della ricerca, nell´ambito di ciascuna città si è optato per un campionamento a scelta ragionata: sono stati selezionati alcuni itinerari, assunti in qualità di casi-campione, con riferimento al centro commerciale, storico, politico (nel caso di Roma) e residenziale di ciascun ambito cittadino, all´interno dei quali è stato rilevato il numero di videocamere presenti, poi assunte ad unità di analisi. Sono state oggetto d´indagine tutte le videocamere esterne e visibili che riprendevano le strade e le piazze campionate, sicché la ricerca tiene conto anche dei casi di videocamere interne a recinzioni, ma rivolte verso l´esterno, o presenti nelle strade adiacenti a quelle percorse, ma rivolte verso queste ultime.

L´obiettivo principale della ricerca, consistente nel fornire una valutazione preliminare circa la presenza dei sistemi di controllo video visibili ed esterni nelle quattro città italiane indicate, scontava evidentemente la carenza, creatasi per effetto dell´interazione negativa di molti fattori, di uno dei presupposti necessari all´identificazione dell´universo di riferimento: la possibilità di delimitare le unità che lo compongono. In concreto, ci si è trovati di fronte ad un universo "sconosciuto", non essendo note, oltre al numero delle unità che lo costituiscono, anche la loro localizzazione e le loro caratteristiche. Ciò nonostante, i campioni relativi alle quattro città oggetto di rilevazione possono considerarsi sufficientemente validi (considerando anche la dimensione esplorativa della ricerca) per fornire dati utili ad elaborare (ancorché su un piano certamente non scientifico, ma congetturale) una prima stima riguardo alla diffusione di tali sistemi.

I dati sono stati raccolti tramite una scheda di rilevazione composta da otto variabili relative alla città, zona, ubicazione, collocazione, identificabilità, posizione, visibilità e tipologia della videocamera. Per mezzo di essa è stato possibile raccogliere informazioni non solo sull´affollamento, ma anche sul grado di percettibilità degli strumenti di videosorveglianza, specie attraverso l´analisi della posizione e della visibilità degli apparecchi.

Le videocamere individuate sono complessivamente 1095: 726 a Roma, 213 a Milano, 89 a Napoli e 67 a Verona. Considerando il carattere campionario dell´indagine, questi numeri consentono di stimare, a livello di attendibile proiezione statistica, la presenza in Italia di circa un milione di impianti di videosorveglianza.

Non si sono peraltro evidenziate significative differenze tra le quattro città (pur trattandosi di tre grandi capoluoghi e una città di minori proporzioni). In ciascun ambito cittadino, invero, i sistemi di videosorveglianza risultano collocati principalmente a vigilanza di sportelli bancari, sono posti ad altezza portone, facilmente individuabili e di grandi dimensioni. Inoltre, fatta eccezione per Milano, dove le telecamere sono equamente distribuite tra zone centrali e semicentrali, si è riscontrata una maggiore concentrazione di meccanismi di controllo video nelle aree poste al centro delle città.

I risultati della ricerca sono stati presentati ai rappresentanti delle istituzioni e alla stampa in occasione di un apposito incontro promosso dal Garante presso la Camera dei deputati nel luglio 2000, che ha visto la partecipazione anche di rappresentanti di governo, di gruppi parlamentari, del mondo accademico e della cultura.

L´iniziativa ha avuto risalto sulla stampa quotidiana, periodica e radiotelevisiva che, sull´esempio dell´Autorità, ha promosso specifiche ricerche a campione sottoposte all´attenzione dell´opinione pubblica, che hanno altresì riscosso l´interesse delle istituzioni.

Ad essa hanno fatto seguito da un lato alcuni progetti di legge coerenti con l´impostazione data dal Garante; dall´altro, talune linee-guida che, su richiesta del Consiglio d´Europa, sono state predisposte dal segretario generale del Garante unitamente ad un rapporto, che il Consiglio stesso si accinge ad approvare definitivamente (v.www.coe.fr).

Anche in considerazione dei riscontri ottenuti, e per venire incontro alla forte domanda di informazione sul tema, il Garante ha quindi provveduto a stilare una sorta di "decalogo" valevole per tutti coloro che intendono installare impianti stabili (o comunque non occasionali), cioè sistemi, reti ed apparecchiature che permettono la ripresa e l´eventuale registrazione di immagini, in particolare a fini di sicurezza, di tutela del patrimonio, di controllo di determinate aree e di monitoraggio del traffico o degli accessi di veicoli nei centri storici. In sintesi, fermo restando innanzitutto il principio di proporzionalità tra mezzi impiegati e fini perseguiti, anche per evitare l´applicazione delle sanzioni previste dalle norme vigenti, sono state indicate ai titolari del trattamento le seguenti cautele:

a) occorre chiarire gli scopi che si intendono perseguire e verificare se sono leciti in base alle norme vigenti. Se l´attività è svolta, ad esempio, per prevenire pericoli concreti o specifici reati, occorre rispettare le competenze che le leggi assegnano per tali fini solo a determinate amministrazioni pubbliche;

b) il trattamento dei dati deve avvenire per scopi determinati, espliciti e legittimi;

c) i titolari del trattamento tenuti a notificare al Garante l´esistenza di trattamenti devono indicare fra le modalità di trattamento anche la raccolta di informazioni mediante apparecchiature di videosorveglianza;

d) i cittadini devono essere informati, in maniera chiara anche se sintetica, della presenza di telecamere e dei diritti che possono esercitare sui propri dati, tanto più se le apparecchiature non sono immediatamente visibili;

e) per il controllo a distanza dei lavoratori rimangono comunque validi i divieti e le garanzie previsti dallo Statuto dei lavoratori;

f) i dati raccolti devono essere quelli strettamente necessari agli scopi perseguiti: vanno pertanto registrate solo le immagini indispensabili, va limitato l´angolo visuale delle riprese, vanno evitate immagini dettagliate o ingrandite e, di conseguenza, vanno stabilite in maniera adeguata la localizzazione delle telecamere e le modalità di ripresa;

g) va stabilito con precisione entro quanto tempo le immagini devono essere cancellate e occorre prevedere la loro conservazione solo in relazione ad illeciti che si siano verificati o a indagini giudiziarie o di polizia;

h) vanno individuate, con designazione scritta, le persone che possono utilizzare gli impianti e prendere visione delle registrazioni; deve essere vietato l´accesso alle immagini ad altri soggetti, salvo che si tratti di indagini giudiziarie o di polizia;

i) i dati raccolti per determinati fini (ad esempio sicurezza, tutela del patrimonio) non possono essere utilizzati per finalità diverse o ulteriori (ad esempio per pubblicità o analisi dei comportamenti di consumo), fatte salve le esigenze di polizia o di giustizia e non possono essere diffusi o comunicati a terzi;

l) le immagini registrate per la rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici devono rispettare l´apposito regolamento (d.P.R. 250/1999) ed essere conservate per il solo periodo necessario alla contestazione delle infrazioni.

Nel caso, invece, di impianti di videosorveglianza finalizzati esclusivamente alla sicurezza individuale (si pensi, ad esempio, al controllo dell´accesso alla propria abitazione), questi, ove perseguano effettivamente solo tale scopo, non rientrano nell´ambito di applicazione della legge sulla riservatezza, essendo il trattamento effettuato a fini personali. Le persone che possono divenire oggetto di indebiti controlli possono comunque tutelare i propri diritti dinanzi all´autorità giudiziaria. Anche in queste ipotesi vanno quindi rispettati alcuni obblighi: le riprese devono essere limitate al solo spazio antistante tali accessi, evitando forme di videosorveglianza su aree circostanti che potrebbero limitare la libertà altrui; le informazioni raccolte, inoltre, non devono essere comunicate o diffuse ad altri.


49. IMPRONTE DIGITALI E RILEVAZIONI BIOMETRICHE

Attraverso l´analisi delle caratteristiche biometriche (geometria del volto, della mano, dell´iride, etc.), è possibile, a distanza, acconsentire all´esecuzione di operazioni o confrontare le informazioni rilevate con quelle memorizzate in apposite banche di dati, al fine di attivare gli opportuni rimedi.

La questione tocca anche il tema della sicurezza di operazioni e transazioni e della sicurezza in determinati ambienti, avvertito soprattutto da talune categorie di aziende, in ragione della particolare natura dell´attività da esse svolta.

Anche per questi motivi l´introduzione di sistemi di lettura e/o raccolta di impronte digitali (che di regola operano contestualmente ad altre apparecchiature di rilevazione di informazioni personali, specie in forma di controllo video) è fenomeno che ha interessato, sino ad oggi, soprattutto gli istituti di credito.

Nel corso del 2000, anche su segnalazione dell´utenza (il cui grado di attenzione si dimostra crescente di fronte al diffondersi dell´uso di tecnologie sofisticate), il Garante si è occupato del problema in alcune occasioni (provvedimenti dell´11 dicembre 2000, del 7 marzo 2001 e del 28 febbraio 2001). In relazione alle modalità con le quali si sono sviluppate le prime esperienze applicative, sono emersi anzitutto tre profili:

a) un problema di rispetto del principio di proporzionalità sancito dall´art. 9 della legge n. 675/1996, tra almeno uno dei sistemi in concreto impiegati (quello di rilevazione delle impronte digitali, a volte associate ad immagini) e le finalità perseguite, essendo apparse esorbitanti, nei pochi casi esaminati, le intraprese attività indifferenziate di raccolta di dati significativi – quali le impronte associate alle immagini – imposte a tutti coloro che entrano nella banca, ivi compresi i soggetti diversi dai clienti in senso proprio, di per sé non legittimate da generiche esigenze di sicurezza non accompagnate da elementi che evidenzino una concreta situazione di rischio;

b) la tendenziale insufficienza, quando non addirittura la carenza, dell´informativa prescritta dall´art. 10 della legge n. 675/1996, tanto più vistosa se si considera la particolare natura delle informazioni personali che vengono raccolte, anche grazie a recenti acquisizioni scientifiche che in linea astratta potrebbero consentire di ricavare elementi conoscitivi di sicura "sensibilità" relativamente alla persona cui i dati si riferiscono. Le informative sono risultate inidonee ad avvertire gli interessati della presenza di dispositivi elettronici di rilevazione dell´impronta e dell´immagine dei clienti, come della loro eventuale associazione (effettuata contemporaneamente o successivamente all´ingresso nei locali della banca), nonché carenti delle indicazioni concernenti l´esercizio dei diritti di cui all´art. 13 della legge n. 675/1996;

c) il complessivo profilo relativo alle modalità di rilevazione e all´eventuale classificazione dei dati, al tempo di conservazione, alle misure di sicurezza, all´accesso da parte del personale interno e/o del personale di polizia.

In considerazione di ciò, il Garante ha vietato con alcuni primi provvedimenti, con effetto immediato,l´ulteriore utilizzazione dei dispositivi di rilevazione delle impronte digitali utilizzati dagli istituti di credito interessati dalle verifiche dell´Autorità, determinandone la disattivazione. Altre disattivazioni sono state comunicate da taluni istituti richiesti di fornire elementi di valutazione.

Resta da completare l´esame del delicato problema dell´individuazione di un ragionevole punto di equilibrio che salvaguardi – segnatamente dal punto di vista delle modalità da seguire in concreto – anche le istanze di sicurezza rappresentate in casi particolari da alcuni soggetti.

Il Garante ha pertanto ripreso di recente la valutazione complessiva del problema e si riserva di formulare a breve alcune ulteriori indicazioni a completamento, sviluppo ed arricchimento di quanto già affermato in precedenza.


50. BRACCIALETTO ELETTRONICO
Particolare interesse ha destato, in un momento che ha fatto registrare un picco di crescita della domanda di sicurezza da parte dei cittadini, la controversa introduzione di forme di controllo a distanza – che comportano una massiccia attività di raccolta e trattamento di dati personali – di soggetti sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare, in attuazione di quanto disposto a seguito delle modifiche al c.p.p. e all´ordinamento penitenziario operate con d.l. 24 gennaio 2000, n. 341, emanate al dichiarato scopo di decongestionare l´apparato di vigilanza, alle prese con l´esigenza di dislocare ad altri servizi di controllo del territorio risorse umane impegnate nella sorveglianza a domicilio.

Le nuove disposizioni sono state rese operative con il già menzionato (v. par. 2) d.m. 2 febbraio 2001, adottato dal Ministro dell´interno di concerto con il Ministro della giustizia e pubblicato sulla G.U. del 15 febbraio 2001, recante "modalità di installazione ed uso e descrizione dei tipi e delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall´art. 275-bis del codice di procedura penale e dei condannati nel caso previsto dall´art. 47-ter, comma 4-bis, l. 26 luglio 1975, n. 354".

Il decreto rappresenta un´importante testimonianza del positivo rapporto di collaborazione instauratosi tra il Garante ed altri soggetti istituzionali, che nella specie non si sono limitati a dare formale attuazione all´art. 31, comma 2, della legge n. 675/1996 (ove è stabilito che "il Presidente del Consiglio dei ministri e ciascun ministro consultano il Garante all´atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dalla presente legge"), ma hanno recepito diverse indicazioni formulate dall´Autorità. Indicazioni ispirate alla necessità di contemperare le perseguite necessità di controllo con l´esigenza di evitare forme di vigilanza inutilmente oppressive, in particolare per quanto concerne il rispetto dei principi sanciti nell´art. 9 della legge n. 675/1996, con specifico riguardo alle modalità di raccolta e trattamento, alle finalità e alla durata della conservazione dei dati raccolti, nonché agli aspetti attinenti alla sicurezza delle informazioni personali, ai sensi dell´art. 15 della medesima legge e del d.P.R. n. 318/1999.

Scheda

Doc-Web
1342188
Data
17/07/01

Tipologie

Relazione annuale