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Ordinanza ingiunzione nei confronti di Barilla G. e R. fratelli S.p.A. - 16 settembre 2021 [9719768]

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[doc. web n. 9719768]

Ordinanza ingiunzione nei confronti di Barilla G. e R. fratelli S.p.A. - 16 settembre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 331 del 16 settembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti e il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTA l’annotazione del 25 novembre 2019 inviata al Garante dal Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro – Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Ferrara, concernente il trattamento di dati personali effettuato attraverso un impianto di videosorveglianza installato presso la sede operativa di Barilla G. e R. fratelli S.p.A.;

ESAMINATA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

PREMESSO

1. L’accesso ispettivo effettuato dal Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro.

1.1. Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro – Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Ferrara ha inviato a questa Autorità, in data 25 novembre 2019, l’annotazione relativa all’accesso ispettivo effettuato il 7 novembre 2019, presso la sede operativa di Barilla G. e R. fratelli S.p.A. (di seguito, la società) situata in Ferrara, via Modena, n. 34 (Mulino Barilla di Ferrara), nel corso del quale è stata accertata la presenza di un impianto di videosorveglianza, risultato funzionante, composto da 20 telecamere posizionate in modo da riprendere “zone esterne e interne” dello stabilimento e da 5 monitor. È stata contestualmente accertata la presenza di 11 lavoratori presso la predetta sede operativa.

Quanto alla data di attivazione del predetto impianto, i verbalizzanti hanno acquisito in atti una “Dichiarazione di conformità dell’impianto alla regola dell’arte”, predisposto da STS Italia s.r.l. e datato 25 ottobre 2016, relativo alla “integrazione” dell’impianto di videosorveglianza, su incarico della società. Risulta altresì in atti che la società ha inviato, al direttore dello stabilimento oggetto dell’accertamento ispettivo, in data 26 giugno 2017, una comunicazione relativa all’invio di documentazione avente ad oggetto “l’utilizzo del sistema di videosorveglianza installato”.

Inoltre la società, con nota del 22 novembre 2019 inviata al Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, ha dichiarato che il predetto sistema di videosorveglianza “è stato installato esclusivamente per esigenze di security, difesa del patrimonio aziendale e per assicurare l’igiene e la salubrità del prodotto, nel rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza […]. In considerazione delle suddette caratteristiche, trattandosi di misura preventiva a tutela della sicurezza e del patrimonio aziendale, è stato ritenuto che l’impianto […] non rientrasse nel campo di applicazione dell’art. 4 della legge n. 300/1970 e, per tale ragione, non è stato oggetto di richiesta di autorizzazione, bensì unicamente di informativa preventiva al R.S.P.P. e al R.L.S. […]”. In proposito la società ha allegato il “verbale riunione periodica di consultazione”, datato 8 febbraio 2019, avente tra l’altro ad oggetto l’”esame progetto videosorveglianza”, in relazione al quale si fa presente che l’impianto di videosorveglianza “è stato potenziato con l’obiettivo di migliorare il controllo degli accessi al Mulino da parte di terzi […]”.

1.2. L’8 gennaio 2020 l’Ufficio ha effettuato, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, la notificazione alla società delle presunte violazioni del Regolamento riscontrate, con riferimento all’art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento (principio di liceità del trattamento) e all’art. 114 del Codice (garanzie in materia di controllo a distanza).

Il 7 febbraio 2020 la società ha inviato i propri scritti difensivi con i quali ha dichiarato che:

a. presso lo stabilimento (mulino) ove sono stati effettuati gli accertamenti ispettivi “vengono svolte attività relative alla macinazione del grano duro per ottenere la semola […]. L’opificio occupa un’area totale di 33.900 mq, in cui sono compresi 5.400 mq di locali coperti” (v. memorie difensive 7.2.2020, p. 2);

b. l’impianto di videosorveglianza è composto da “venti telecamere fisse, segnalate da apposita cartellonistica, e non brandeggiabili […], in funzione ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette (ivi inclusi i giorni festivi). Fanno parte dell’impianto anche cinque monitor per la visione delle immagini in tempo reale e due videoregistratori digitali «NVR Samsung»” (v. memorie cit., p. 3);

c. le aree oggetto di videoripresa sono: i piazzali esterni; i cancelli di ingresso pedonale e barriere accesso/uscita; cortili ed ingressi di accesso; area tunnel fossa di scarico del grano; cabina elettrica Enel; parcheggio dipendenti, visitatori e ditte esterne; aree perimetrali (v. memoria cit., p. 4-5);

d. il sistema è stato installato per le seguenti finalità: rafforzamento delle misure di sicurezza per contrastare minacce terroristiche di cui potrebbe essere oggetto la società per la notorietà del marchio nel mondo; tutela delle persone e del patrimonio aziendale rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti o atti di vandalismo; tutela dei consumatori – e dunque della reputazione e del patrimonio aziendale – attraverso il rafforzamento delle misure di protezione previste dagli standard internazionali di sicurezza alimentare; efficace esercizio del diritto di difesa in giudizio nel caso in cui si verifichino fatti illeciti (v. memoria cit., p. 4);

e. con riferimento alla disciplina richiamata dall’art. 114 del Codice, alla luce delle concrete caratteristiche del sistema, “si ritiene che l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori non possa applicarsi al caso di specie”, ciò considerato che il sistema “è stato installato con l’esclusiva finalità di tutelare il legittimo interesse di sicurezza della società”, che le riprese riguardano solo le “aree esterne agli uffici e ai reparti dove avviene la macinazione del grano” e le successive attività produttive, che il sistema “raccoglie solo i dati strettamente necessari per il perseguimento delle suddette finalità”, che “la fase di scarico del grano è l’unica, tra quelle inquadrate dall’impianto di videosorveglianza del Mulino, a svolgersi in uno spazio coperto”; inoltre “nessuna delle […] telecamere consente un reale ed effettivo controllo a distanza […], in quanto nessuna […] riprende postazioni fisse di lavoro di dipendenti” e “la sua installazione è sempre stata nota ai Rappresentanti Sindacali Aziendali […] nonché oggetto di informativa e sopralluogo da parte del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza”; infine è stato rappresentato che “nessuna contestazione disciplinare è stata elevata sulla scorta delle immagini videoregistrate” (v. memoria cit., p. 8-9);

f. in ogni caso la società, successivamente al ricevimento della notifica delle presunte violazioni da parte dell’Autorità “ha ritenuto opportuno sottoscrivere un accordo sindacale […] in data 23.1.2020”, laddove, in particolare, è stato precisato che “l’installazione […] non ha lo scopo di controllo a distanza dell’attività lavorativa” e che le immagini raccolte “non possono essere utilizzate a fini disciplinari, salvo nei casi […] collegati all’accertamento di fatti/condotte personali riconducibili ad atti di natura illecita […]” (v. memoria cit., p. 9);

g. la società ha rappresentato di aver agito con correttezza e buona fede, ed esclude “qualsivoglia volontà elusiva degli obblighi di legge” (v. memoria cit., p. 9);

h. infine, in via subordinata, con riferimento all’applicazione di una eventuale sanzione pecuniaria, la società ha rappresentato che “il numero di interessati coinvolti è minimo (i dipendenti di Barilla nel Mulino sono solo diciotto), gli stessi non hanno subito alcun danno e il trattamento in questione è conforme al principio di limitazione delle finalità”; in proposito, inoltre, la società ritiene che il caso di specie possa essere qualificato come “violazione minore” ai sensi del considerando n. 148 del Regolamento, posto che sono state adottate misure tecniche, organizzative e di sicurezza (“limitazione delle persone autorizzate ad accedere alle immagini registrate, l’attribuzione di credenziali di autenticazione univoche e nominali, la tracciatura degli accessi al sistema nonché la separazione logica della connessione di rete e la cifratura delle comunicazioni”) idonee ad “escludere relativi potenziali danni per gli interessati”; il comportamento della società “non è stato […] connotato da dolo (né […] da negligenza)” ed è stato connotato dalla volontà di cooperare con l’Autorità “al fine di porre rimedio alla violazione e attenuarne i possibili effetti negativi” (v. memoria cit., p. 10-11).

1.3. Con nota dell’8 settembre 2020 la società ha trasmesso all’Autorità copia del “Regolamento videosorveglianza – Disciplinare tecnico giuridico di configurazione ed utilizzo”, datato 27 giugno 2017, contenente la designazione del responsabile e degli incaricati del trattamento e le planimetrie relative all’area di ripresa delle telecamere installate.

2. L’esito dell’istruttoria e del procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi. Violazioni accertate.

Premesso che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”, sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso dell’accesso ispettivo effettuato dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Ferrara e della documentazione successivamente inviata dalla società, è emerso che la società ha installato, quantomeno a far data dal 25 novembre 2016, un sistema di videosorveglianza all’interno e all’esterno della sede operativa di Barilla S.p.A. situata a Ferrara. Il sistema di videosorveglianza, completo di 20 telecamere, cinque monitor e due videoregistratori, è in funzione ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, dunque anche in orario in cui si svolge l’attività dei dipendenti. In base alle dichiarazioni e alla documentazione in atti, relative al posizionamento delle telecamere, risulta che l’area oggetto di videoripresa comprende anche le aree prospicienti l’accesso agli ingressi e ad altre zone riservate all’attività dei lavoratori (v. memorie difensive, p. 5, tabella “Telecamere di rete digitali”, dove emerge che le telecamere esterne riprendono l’“Area cortilizia piazzale officina” nonché il “fabbricato spogliatoi – sala ristoro - area fumatori”, oltre che l’“Area parcheggio dipendenti” e gli ingressi, anche pedonali, alla struttura).

In proposito il Garante ha costantemente ritenuto che anche le aree nelle quali transitano o sostano - talora continuativamente - i dipendenti (ad es. accessi alla struttura e ai garages, zone di carico/scarico merci, ingressi carrai e pedonali), qualora sottoposte a videosorveglianza, sono soggette alla piena applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali (v., tra gli altri, provv.ti 30 luglio 2015, n. 455, doc. web n. 4261028; 4 luglio 2013, n. 334, doc. web n. 2577203; 18 aprile 2013, n. 199 e 200, doc. web n. 2483269; 9 febbraio 2012, n. 56, doc. web n. 188699; 17 novembre 2011, n. 434, doc. web n. 1859558; 26 febbraio 2009, doc. web n. 1601522). Ciò conformemente a quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 6 marzo 1986, n. 1490; v. anche, con riferimento a strumento diverso dalla videosorveglianza, Cass. 13 marzo 2007, n. 15892).

Nel caso di specie il sistema di videoripresa è posizionato in modo da riprendere zone ove, per l’appunto, necessariamente transitano i dipendenti per lo svolgimento dell’attività lavorativa (ingressi, cortili prospicienti l’officina, parcheggio) o anche per recarsi all’interno o presso aree a loro dedicate (spogliatoi, area ristoro, area fumatori).

I trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito del rapporto di lavoro, se necessari per la finalità di gestione del rapporto stesso (v. artt. 6, par. 1, lett. c); 9, par. 2, lett. b) del Regolamento), devono svolgersi nel rispetto dei principi generali indicati dall’art. 5 del Regolamento, ed in particolare del principio di liceità, in base al quale il trattamento è lecito se è conforme alle discipline di settore applicabili (art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento). Coerentemente con tale impostazione, l’art. 88 del Regolamento ha fatto salve le norme nazionali di maggior tutela (“norme più specifiche”) volte ad assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei lavoratori. Il legislatore nazionale ha approvato, quale disposizione più specifica, l’art. 114 del Codice che tra le condizioni di liceità del trattamento ha stabilito l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 4, legge 20 maggio 1970, n. 300. La violazione del richiamato art. 88 del Regolamento è soggetta, ricorrendone i requisiti, all’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 83, par. 5, lett. d) del Regolamento.

In base al richiamato art. 4, l. n. 300 del 1970 gli apparati di videosorveglianza, qualora dagli stessi derivi “anche la possibilità di controllo a distanza” dell'attività dei dipendenti, “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale” e la relativa installazione deve, in ogni caso, essere eseguita previa stipulazione di un accordo collettivo con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali o, ove non sia stato possibile raggiungere tale accordo o in caso di assenza delle rappresentanze, solo in quanto preceduta dal rilascio di apposita autorizzazione da parte dell'Ispettorato del lavoro. L’attivazione e la conclusione di tale procedura di garanzia è dunque condizione indefettibile per l’installazione di sistemi di videosorveglianza. La violazione di tale disposizione è penalmente sanzionata (v. art. 171 del Codice).

È dunque accertato che la società ha omesso di adempiere alla richiamata disposizione, ritenendo erroneamente di non esservi tenuta, in quanto, essendo il sistema di videosorveglianza installato nel 2016 preordinato alla tutela della sicurezza e del patrimonio aziendale, rimarrebbe estranea qualsivoglia attività di controllo da parte della società, con conseguente inapplicabilità della richiamata procedura di codeterminazione. Tale ricostruzione non può essere accolta, posto che il perseguimento di una delle finalità tassativamente indicate dalla norma è una delle condizioni che rendono lecita, a monte, l’installazione dell’impianto, fatta salva l’attuazione però delle specifiche procedure di garanzia previste, dalle norme precettive su richiamate, qualora l’attività di videoripresa, essendo idonea a riprendere l’attività dei dipendenti, comporti la possibilità di esercitare un controllo a distanza sulla stessa (v., negli stessi termini, da ultimo, Cass., sez. III pen., 17.12.2019, n. 50919).

Né è idonea a far venir meno l’obbligo di conformarsi alla richiamata disciplina la circostanza, rappresentata dalla società, che i rappresentanti sindacali aziendali e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza fossero stati informati della presenza dell’impianto e ne condividessero la necessità in relazione alle finalità perseguite. Infatti, sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ritenuto che l’art. 4, l. n. 300 del 1970 cit., “tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale”, pertanto anche il consenso, eventualmente prestato dai singoli lavoratori all’installazione di impianti, non è equivalente alla necessaria attivazione della procedura con le rappresentanze dei dipendenti o, in mancanza, sotto il controllo dell’autorità pubblica (v., tra le altre, Cass., sez. III pen., 8 maggio 2017, n. 22148 e 17.12.2019, n. 50919 cit.). In proposito, inoltre, si rappresenta che il Garante ha più volte ribadito che in ambito lavorativo il consenso non costituisce base giuridica idonea per il trattamento dei dati personali dei dipendenti (v., tra gli altri, provv. 13.12.2018, n. 500, doc. web n. 9068983, punto 3.1.; con specifico riferimento alla videosorveglianza v. provv.ti 4 luglio 2013, n. 336, doc. web n. 2578071 e 18 luglio 2013, n. 361, doc. web n. 2605290).

Il trattamento dei dati personali dei dipendenti effettuato dalla società mediante il sistema di videosorveglianza risulta pertanto illecito, nei termini su indicati, dalla data di installazione e attivazione del sistema (quantomeno a partire dal novembre 2016) fino alla conclusione del verbale di accordo in data 20 gennaio 2020.

Si rammenta che ai sensi dell’art. 2-decies del Codice “i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati”.

3. Conclusioni: dichiarazione di illiceità del trattamento. Provvedimenti correttivi ex art. 58, par. 2, Regolamento.

Per i suesposti motivi l’Autorità ritiene che le dichiarazioni, la documentazione e le ricostruzioni fornite dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e che risultano pertanto inidonee a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo peraltro alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Il trattamento dei dati personali effettuato dalla società risulta infatti illecito, nei termini su esposti, in relazione agli artt. 5, par. 1, lett. a) (principio di liceità) e 88 (trattamento dei dati nell'ambito dei rapporti di lavoro) del Regolamento e dell’art. 114 (garanzie in materia di controllo a distanza) del Codice.

La violazione accertata nei termini di cui in motivazione non può essere considerata “minore”, tenuto conto della natura, della gravità e della durata della violazione, del grado di responsabilità e della maniera in cui l'autorità di controllo ha preso conoscenza della violazione (v. cons. 148 del Regolamento).

Visti i poteri correttivi attribuiti dall’art. 58, par. 2 del Regolamento, si dispone una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 83 del Regolamento, commisurata alle circostanze del caso concreto (art. 58, par. 2, lett. i) del Regolamento).

4. Adozione dell’ordinanza ingiunzione per l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e delle sanzioni accessorie (artt. 58, par. 2, lett. i), e 83 del Regolamento; art. 166, comma 7, del Codice).

All’esito del procedimento risulta che Barilla G. e R. fratelli S.p.A. ha violato gli artt. 5, par. 1, lett. a) e 88 del Regolamento e l’art. 114 del Codice. Per la violazione delle predette disposizioni è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 83, par. 5, lett. a) del Regolamento, mediante adozione di un’ordinanza ingiunzione (art. 18, l. 24.11.1981, n. 689).

Ritenuto di dover applicare il paragrafo 3 dell’art. 83 del Regolamento laddove prevede che “Se, in relazione allo stesso trattamento o a trattamenti collegati, un titolare del trattamento […] viola, con dolo o colpa, varie disposizioni del presente regolamento, l'importo totale della sanzione amministrativa pecuniaria non supera l'importo specificato per la violazione più grave”, l’importo totale della sanzione è calcolato in modo da non superare il massimo edittale previsto dal medesimo art. 83, par. 5.

Con riferimento agli elementi elencati dall’art. 83, par. 2 del Regolamento ai fini della applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e della relativa quantificazione, tenuto conto che la sanzione deve “in ogni caso [essere] effettiva, proporzionata e dissuasiva” (art. 83, par. 1 del Regolamento), si rappresenta che, nel caso di specie, sono state considerate le seguenti circostanze:

a. in relazione alla natura, gravità e durata della violazione è stata considerata rilevante la natura della violazione che ha riguardato i principi generali del trattamento, e in particolare il principio di liceità (con riferimento alle disposizioni specifiche relative ai trattamenti nell’ambito del rapporto di lavoro); è stato altresì considerato che la violazione accertata ha avuto inizio nel novembre del 2016 ed è cessata, solo dopo l’accertamento delle violazioni, con la sottoscrizione del verbale di accordo il 20 gennaio 2020, dunque decorso un periodo considerevole di tempo;

b. con riferimento al carattere doloso o colposo della violazione e al grado di responsabilità del titolare è stata presa in considerazione la condotta della società e il grado di responsabilità della stessa che non si è conformata alla disciplina in materia di protezione dei dati;

c. a favore della società si è tenuto conto del grado di cooperazione con l'autorità di controllo al fine di porre rimedio alla violazione e l’assenza di precedenti specifici (relativi alla stessa tipologia di trattamento) a carico della società.

Si ritiene inoltre che assumano rilevanza nel caso di specie, tenuto conto dei richiamati principi di effettività, proporzionalità e dissuasività ai quali l’Autorità deve attenersi nella determinazione dell’ammontare della sanzione (art. 83, par. 1, del Regolamento), in primo luogo le condizioni economiche del contravventore, determinate in base ai ricavi conseguiti dalla società con riferimento al bilancio d’esercizio per l’anno 2020 (che ha registrato perdite di esercizio). Da ultimo si tiene conto dell’entità delle sanzioni irrogate in casi analoghi.

Alla luce degli elementi sopra indicati e delle valutazioni effettuate, si ritiene, nel caso di specie, di applicare nei confronti di Barilla G. e R. fratelli S.p.A. la sanzione amministrativa del pagamento di una somma pari ad euro 75.000,00 (settantacinquemila).

In tale quadro si ritiene, altresì, in considerazione della tipologia delle violazioni accertate che hanno riguardato i principi generali del trattamento, in particolare il principio di liceità, che ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice e dell’art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019, si debba procedere alla pubblicazione del presente provvedimento sul sito Internet del Garante.

Si ritiene, altresì, che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019.

TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE

rileva l’illiceità del trattamento effettuato da Barilla G. e R. fratelli S.p.A., in persona del legale rappresentante, con sede legale in Via Mantova, 166, Parma (PR), C.F. 01654010345, ai sensi dell’art. 143 del Codice, per la violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e 88 del Regolamento e dell’art. 114 del Codice;

ORDINA

ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. i) del Regolamento a Barilla G. e R. fratelli S.p.A., di pagare la somma di euro 75.000,00 (settantacinquemila).

a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate nel presente provvedimento;

INGIUNGE

quindi alla medesima Società di pagare la predetta somma di euro 75.000,00 (centomila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notifica del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dell’art. 27 della legge n. 689/1981. Si ricorda che resta salva la facoltà per il trasgressore di definire la controversia mediante il pagamento – sempre secondo le modalità indicate in allegato - di un importo pari alla metà della sanzione irrogata, entro il termine di cui all’art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 150 dell’1.9.2011 previsto per la proposizione del ricorso come sotto indicato (art. 166, comma 8, del Codice);

DISPONE

la pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice e dell’art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/20129, e ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli articoli 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo individuato nel medesimo art. 10, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 16 settembre 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL VICE SEGRETARIO GENERALE
Filippi