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Provvedimento dell'11 novembre 2021 [9731844]

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[doc. web n. 9731844]

Provvedimento dell'11 novembre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 404 dell'11 novembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 1° febbraio 2021 con il quale XX, rappresentato dall’avvocato XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli riferiti ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto alcuni anni prima ritenendo non sussistente l’interesse del pubblico alla relativa conoscibilità tenuto conto del tempo decorso dai fatti e dell’intervenuta espiazione della pena a suo tempo inflitta;

CONSIDERATO che l’interessato ha rappresentato, in particolare:

il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità, in associazione al proprio nominativo, di articoli risalenti al 2012 relativi ad una vicenda definita dal punto di vista giudiziario a far tempo dal 2016 con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna;

di avere in questi anni cambiato vita e frequentazioni e di godere di una buona reputazione anche in ambito lavorativo, benché “nello svolgimento delle proprie mansioni (…) incontri enormi difficoltà legate agli spiacevoli eventi del passato che, inevitabilmente, emergono da semplici ricerche”;

che le informazioni desumibili dagli articoli dei quali è chiesta la rimozione non risultano aggiornate alla luce dell’intervenuta definizione della vicenda giudiziaria e del percorso di reinserimento sociale da lui nel frattempo intrapreso;

che non può pertanto ritenersi sussistente un interesse pubblico alla conoscibilità di tali informazioni essendo state ormai ampiamente perseguite le finalità di cronaca connesse all’originaria pubblicazione degli articoli;

che Google, unitamente agli editori dei quotidiani coinvolti, deve ritenersi responsabile dei danni causati al medesimo dalla persistente diffusione di informazioni ormai obsolete tenuto anche conto del fatto che la predetta società ha mancato di corrispondere alle richieste di rimozione avanzate anteriormente alla proposizione del reclamo, con ciò violando l’art. 12 del Regolamento;

VISTA la nota del 11 febbraio 2021 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 3 marzo 2021 con la quale Google LLC ha rilevato:

di non poter aderire alle richieste avanzate dall’interessato ritenendo che nel caso di specie non sussistano i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio tenuto conto che i contenuti reperibili tramite gli URL indicati nell’atto di reclamo riguardano un procedimento penale “nel corso del quale il sig. XX è stato arrestato” in relazione alla commissione di reati gravi;

che a tale coinvolgimento ha fatto seguito, come affermato dallo stesso reclamante, una sentenza di condanna per tali reati, circostanza quest’ultima che ha determinato il rigetto delle numerose richieste di rimozione da lui presentate anteriormente all’atto di reclamo;

a tale riguardo “si evidenzia che il sig. XX ha avanzato ben cinque richieste di rimozione – di cui le ultime tre a nemmeno 10 giorni l’una dall’altra – aventi ad oggetto i medesimi URL oggetto di reclamo” ed “avendo Google LLC riscontrato le richieste dell’interessato per ben quattro volte (da ultimo, in data 20 febbraio 2021 e, prima, in data 19 giugno, 10 aprile e 23 aprile 2019) ed essendosi dunque ampiamente pronunciata in merito agli URL contestati, la società reclamata non è affatto incorsa nella violazione di cui all’art. 12.3 del GDPR asserita dal sig. XX”;

che si tratta di contenuti di pubblicazione recente (2012) ed aventi natura giornalistica in quanto diffusi da quotidiani locali e dunque da fonti particolarmente qualificate;

che, in considerazione di tali ragioni, deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse pubblico alla conoscibilità delle informazioni reperibili tramite gli URL contestati;

VISTA la nota del 12 marzo 2021 con la quale il reclamante ha contestato il riscontro fornito da Google LLC rilevando che:

la Corte di Giustizia ha affermato che i diritti dell’interessato, di regola, debbano prevalere sull’interesse degli utenti della rete ad accedere ai dati personali attraverso il motore di ricerca, laddove la pubblicazione di informazioni personali dell’interessato incida negativamente nella vita personale e lavorativa delle persone;

sulla base dei criteri di valutazione delle richieste di delisting contenuti nelle Linee Guida adottate dal WP Art. 29 il 26 novembre 2014 occorre pertanto tenere conto dell’eventuale ruolo pubblico ricoperto dall’interessato – circostanza che non sussisterebbe nel caso in esame – nonché dell’esattezza del dato diffuso che deve essere tale in termini oggettivi, oltreché aggiornato;

con riguardo agli episodi narrati all’interno di alcuni degli articoli reperibili tramite gli URL indicati nell’atto di reclamo – nello specifico quelli pubblicati da “XX” e da “XX” - il giudice di secondo grado ha riconosciuto la sua non colpevolezza pronunciando l’assoluzione per non aver commesso il fatto;

che ai contenuti pubblicati dal sito XX non può riconoscersi un valore giornalistico tenuto conto del fatto che gli stessi non danno spazio ad alcun “testo articolato e descrittivo delle vicende di cronaca”, ma riportano solo “un generico riferimento ai fatti (…) con menzione e tag del nome (…) XX” rispetto ai quali non può pertanto dirsi sussistente un interesse pubblico prevalente sul proprio diritto ad ottenere la rimozione dei relativi URL;

che, anteriormente alla proposizione del reclamo, Google LLC non ha fornito tempestive risposte alle proprie numerose richieste senza addurre neppure la necessità di eventuali proroghe dovute alla complessità del caso;

VISTA la nota del 9 agosto 2021 con la quale l’Autorità ha chiesto a Google LLC di fornire osservazioni in ordine alla memoria fatta pervenire dall’interessato, con particolare riguardo ai profili relativi all’asserito carente riscontro alle richieste di rimozione avanzate anteriormente alla proposizione del reclamo;

VISTA la nota del 27 settembre 2021 con la quale Google LLC ha rilevato:

che quanto contestato dal reclamante in ordine all’inesattezza delle informazioni riportate all’interno degli articoli reperibili tramite gli URL  https://... e https://... non troverebbe risconto nella documentazione da lui allegata, tenuto conto del fatto che la sentenza pronunciata dal giudice di appello confermerebbe che il reclamante è stato condannato per diversi dei reati citati nei predetti articoli;

che priva di pregio è, inoltre, “l’affermazione del reclamante secondo cui le pagine web relative agli URL oggetto di reclamo riporterebbero erroneamente la circostanza che il Sig. XX sarebbe stato sottoposto ad una misura restrittiva della sua libertà personale” in quanto, oltre a non essere stati forniti elementi a supporto di tale affermazione, occorre tenere conto del fatto che, al termine del procedimento penale che lo ha coinvolto, il medesimo è stato condannato per numerosi gravi reati;

che, in ordine all’asserita violazione dell’art. 12.3 del Regolamento, “non corrisponde al vero che la richiesta inoltrata in data 16/4/2018 dal signor XX (…) non sarebbe stata riscontrata da Google” in quanto detta richiesta, come risulta dalla documentazione prodotta dallo stesso interessato, è stata avanzata nei confronti dell’editore e non anche nei confronti del gestore del motore di ricerca;

che la successiva richiesta del 4 giugno 2019 è stata riscontrata in data 19 giugno 2019 e dunque nel rispetto dei tempi previsti dalla norma; l’affermazione del reclamante, che individua erroneamente la richiesta con la data 6/4/2019, in ordine alla tardività del riscontro di Google è “probabilmente basata su un errore di comprensione della data in formato americano la quale inverte il giorno con il mese. Nell’email prodotta da controparte, infatti, la data del 4 giugno 2019 viene indicata col formato americano 6/04/2019 invece che col formato europeo 4/6/2019”;

che, infine, con riguardo alle “tre richieste inviate dal reclamante nel novembre 2020, come dimostrano gli stessi documenti depositati dal reclamante, Google aveva correttamente avvisato il reclamante dei possibili ritardi nella gestione delle richieste dovuti alla perdurante pandemia”;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi  trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo alle eccezioni sollevate dall’interessato in ordine al mancato riscontro del motore di ricerca relativamente alle richieste di rimozione avanzate anteriormente alla proposizione del reclamo, che Google LLC ha fornito nel corso del procedimento elementi sufficienti a far ritenere che non possa ritenersi integrata, nel caso di specie, una violazione dell’art. 12 del Regolamento te ritenuto pertanto che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

il contenuto reperibile tramite gli URL https://... e  https://... rimandano ad informazioni risalenti al 2012 riferite alla fase iniziale del procedimento nel quale è stato coinvolto l’interessato e che si è concluso nel 2014 con la sua condanna divenuta irrevocabile nel 2016;

l’evoluzione giudiziaria della vicenda, ormai conclusasi da alcuni anni, non è riportata all’interno dei predetti articoli, né risulta altrimenti desumibile da ulteriori articoli presenti in rete, determinando con ciò la perdurante circolazione di informazioni non più rispondenti alla situazione attuale dell’interessato;

tali informazioni risultano inoltre in parte inesatte in quanto, benché l’interessato sia stato condannato con riguardo a diverse ipotesi di reato citate all’interno degli articoli reperibili tramite gli URL di cui sopra, il medesimo risulta essere stato assolto in grado di appello con riferimento agli specifici episodi descritti all’interno di essi;

sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia (sentenza del 13 maggio 2014 causa C-131/12 e sentenza del 24 settembre 2019, causa C-136/17), al fine di giustificare il perdurante trattamento da parte del gestore del motore di ricerca, occorre che vi sia uno specifico interesse informativo degli utenti della rete tale da ritenersi prevalente rispetto alle istanze fatte valere dall’interessato e ciò, in particolare, laddove si tratti di dati giudiziari rispetto ai quali la valutazione deve effettuarsi in modo più rigoroso tenuto conto delle specifiche restrizioni dettate dall’art. 10 del Regolamento con riguardo a tale categoria di dati (cfr. punto 69 della sentenza del 24 settembre 2019, causa C-136/17 che prevede che, in tali casi, il trattamento debba rivelarsi come strettamente necessario per proteggere la libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tale pagina);

nel caso in esame la reperibilità, in associazione al nominativo dell’interessato, di un singolo articolo, peraltro in parte inesatto e non aggiornato alla luce dei successivi sviluppi processuali, non appare rispondente ad uno specifico interesse del pubblico alla sua conoscibilità anche in considerazione del tempo decorso dalla pubblicazione, nonché dalla successiva definizione della vicenda giudiziaria;

il perdurare del trattamento effettuato dal gestore del motore di ricerca in associazione al nominativo del reclamante – pur restando garantita la permanenza dei contenuti all’interno dell’archivio on line dei siti web coinvolti e la loro reperibilità in rete tramite chiavi di ricerca diverse dal nome dell’interessato – avrebbe pertanto l’effetto di determinare un impatto sproporzionato sui diritti dell’interessato (cfr. punto 8 delle citate Linee Guida sul delisting adottate dal WP Art. 29 il 26 novembre 2014) non sorretto dall’esistenza di ragioni di interesse pubblico tali da ritenersi prevalenti su di essi;

gli ulteriori URL oggetto di richiesta di rimozione – collegati a pagine presenti nel sito XX – rimandano invece a pagine prive di contenuti rilevanti tenuto conto del fatto che non contengono informazioni utili a ricostruire lo svolgimento della vicenda, ma solo un generico e conciso rinvio ad essa utilizzando un format analogo al titolo di un articolo di giornale e collegando ad esso, in funzione di tag, il nominativo delle persone coinvolte, tra cui quello dell’interessato;

la consultazione di tali pagine non presenta alcuna utilità informativa per gli utenti della rete in quanto non fornisce indicazioni in ordine al coinvolgimento dell’interessato nella vicenda, potendo risultare persino fuorviante con riguardo al ruolo da lui ricoperto;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione dei sopra indicati URL e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di disporne la rimozione quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO, ai sensi dell’art, 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento; 

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a) prende atto, con riguardo alle eccezioni sollevate dall’interessato in ordine al mancato riscontro del motore di ricerca relativamente alle richieste di rimozione avanzate anteriormente alla proposizione del reclamo, che Google LLC ha fornito nel corso del procedimento elementi sufficienti a far ritenere che non possa ritenersi integrata, nel caso di specie, una violazione dell’art. 12 del Regolamento e ritiene pertanto che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

b) dichiara il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli URL indicati nell’atto di reclamo e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di disporne la rimozione quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

c) ai sensi dell’art. 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, dispone l’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle misure adottate nei confronti di Google LLC in conformità all’art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo, senza tuttavia attribuire a tale annotazione – per le ragioni di cui in premessa – valore di precedente in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, ai fini previsti dall’art. 83, par. 2), lett. c), del Regolamento.

Ai sensi dell'art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 11 novembre 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei