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Provvedimento del 15 ottobre 2020 [9513091]

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[doc. web n. 9513091]

Provvedimento del 15 ottobre 2020

Registro dei provvedimenti
n. 193 del 15 ottobre 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, e regolarizzato in data 30 gennaio 2020 con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli contenenti notizie relative ad una vicenda giudiziaria, connessa a fatti posti in essere nella qualità di funzionario pubblico ricoperta all’epoca, nella quale il medesimo è stato coinvolto e che si è conclusa con la pronuncia di una sentenza di condanna nei suoi confronti;

CONSIDERATO che l'interessato ha, in particolare, lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità in rete di informazioni risalenti al 2012, rispetto alle quali non ritiene sussistente un attuale interesse del pubblico alla relativa conoscibilità in considerazione anche del fatto che, nel tempo trascorso dalla pubblicazione dell’articolo, sono mutate sia la propria attività professionale che il luogo di residenza ivi descritti;

VISTA la nota del 17 febbraio 2020 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 9 marzo 2020 con la quale Google LLC ha comunicato:

con riguardo ad alcuni degli URL oggetto di richiesta – come specificamente individuati nel riscontro trasmesso – di aver provveduto ad adottare misure manuali finalizzate ad inibire il posizionamento delle relative pagine in corrispondenza del nominativo dell’interessato, non avendo individuato quest’ultimo all’interno del loro contenuto;

di non poter invece accogliere le istanze dell’interessato con riguardo ai restanti URL non ritenendo sussistenti nel caso in esame i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio, tenuto conto del fatto che i corrispondenti articoli si riferiscono a vicende per le quali l’interessato è stato condannato nel giugno del 2019;

tale circostanza, unitamente al ruolo ricoperto dal medesimo che svolge attualmente la professione di avvocato, è idonea a far ritenere la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla conoscibilità delle relative informazioni;

VISTA la nota del 10 marzo 2020 con la quale l’interessato ha ribadito le proprie richieste, richiamando anche la recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di diritto all’oblio (Corte di Cassazione SS.UU. sentenza del 22 luglio 2019 n. 19681) e rappresentando il pregiudizio subito a causa della diffusione di informazioni relative ad un’epoca ormai lontana, la conoscibilità delle quali non potrebbe ritenersi giustificata da ragioni specifiche tenuto conto del fatto che egli non ricoprirebbe alcun ruolo pubblico essendo  ”avvocato del libero foro” e quindi lavoratore autonomo titolare di partita Iva;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo ai primi quattro URL indicati nella comunicazione trasmessa da Google in data 9 marzo 2020, che quest’ultima ha dichiarato di aver adottato misure manuali atte ad impedire il posizionamento degli stessi tra i risultati di ricerca associati al nome dell’interessato, non avendo individuato tale nominativo all’interno dei contenuti delle relative pagine e che, pertanto, rispetto ad essi non sussistono i presupposti per l’adozione di provvedimenti da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, con riguardo ad essi, che:

la vicenda giudiziaria descritta negli articoli indicati nell’atto di reclamo è stata definita in epoca recente (giugno del 2019) con una sentenza di condanna dell’interessato alla pena di sei anni di reclusione per fatti gravi commessi nell’esercizio di una funzione pubblica, come riportato anche all’interno di articoli di giornale di recente pubblicazione reperibili in rete;

sebbene l’interessato non ricopra più l’incarico che svolgeva all’epoca dei fatti, egli può essere annoverato, in virtù della professione legale attualmente esercitata, tra i soggetti che ricoprono un ruolo pubblico, secondo le indicazioni contenute nelle Linee guida sul delisting adottate dal WP Art. 29 il 26 novembre 2014;

le richieste di rimozione di risultati reperibili tramite motori di ricerca sono infatti valutate tenendo conto dei criteri indicati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 13 maggio 2014 sopra citata, nonché di quelli indicati nelle predette Linee, mentre la sentenza richiamata dall’interessato, sebbene ripercorra in termini generali l’evoluzione del diritto all’oblio, ha preso spunto da presupposti di fatto e giuridici differenti da quelli rilevanti nel caso in esame che risultavano connessi al rapporto tra diritto all’oblio e diritto alla rievocazione storica di fatti del passato da parte di un editore effettuata  attraverso la ripubblicazione di notizie già diffuse in precedenza senza contestazioni;

per i motivi sopra esposti deve ritenersi sussistente l’interesse del pubblico a conoscere le informazioni reperibili tramite gli URL sopra indicati;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal vice segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE l’avv. Guido Scorza;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

prende atto di quanto dichiarato dal titolare del trattamento con riguardo all'avvenuta adozione di misure manuali finalizzate ad impedire la reperibilità in rete, in associazione al nominativo dell’interessato, degli URL indicati nel riscontro trasmesso dal titolare del trattamento il 9 marzo 2020 e ritiene pertanto che, con riguardo ad essi, non vi siano gli estremi per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

dichiara il reclamo infondato con riguardo ai restanti URL.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 15 ottobre 2020

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Scorza
    
IL VICE SEGRETARIO GENERALE
Filippi