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Provvedimento del 17 gennaio 2019 [9082712]

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[doc. web n. 9082712]

Provvedimento del 17 gennaio 2019

Registro dei provvedimenti
n. 11 del 17 gennaio 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”); 

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 10 maggio 2018 nei confronti di  Google LLC e di Google Italy S.r.l. con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Bauro, ribadendo alcune delle istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito “Codice”), ha chiesto di ottenere, in via principale la rimozione, dai risultati di ricerca rinvenibili in associazione al suo nominativo, dell’URL https://..., oltreché la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

CONSIDERATO che il ricorrente ha, in particolare:

lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante diffusione di informazioni relative ad una vicenda giudiziaria che lo ha riguardato e che, nei termini nei quali è descritta all’interno dell’articolo, non sarebbe più corrispondente alla realtà dei fatti;

rappresentato che la misura cautelare disposta in un primo momento nei suoi confronti è stata, infatti, successivamente revocata e che il relativo procedimento penale si è concluso con una dichiarazione di incompetenza territoriale pronunciata dall'autorità giudiziaria presso la quale era stato incardinato; 

rilevato che l’attuale diffusione di informazioni non aggiornate non sarebbe giustificata da un interesse pubblico attuale alla loro conoscibilità anche in virtù del fatto che il medesimo non svolge più alcuna attività in Italia; 

PRESO ATTO che: 

a partire dal 25 maggio 2018 è divenuto applicabile il Regolamento che ha reso necessario l’adeguamento del quadro normativo nazionale esistente in materia;

l’Autorità, in virtù della diretta applicabilità del Regolamento ed in attesa dell’intervento del legislatore nazionale, ha disposto, con provvedimento n. 374 del 31 maggio 2018, la disapplicazione, a partire dalla predetta data, delle norme relative al procedimento su ricorso contenute nel Codice in quanto ritenute incompatibili con le disposizioni relative ai reclami di cui agli artt. 77 ss. del Regolamento stesso;

con d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 - recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” - sono state apportate le modifiche necessarie ad adeguare il contenuto del Codice alla normativa europea, prevedendo, tra l'altro, l’espressa abrogazione delle disposizioni relative alla tutela alternativa a quella giurisdizionale contenute nella sezione III del capo I del titolo I della parte III del medesimo Codice;

CONSIDERATO che: 

l’Autorità, con nota del 5 luglio 2018, ha rappresentato all'interessato gli effetti dell’intervenuto mutamento del quadro normativo chiedendo di manifestare l’eventuale volontà di trattare la propria istanza a titolo di reclamo;

il medesimo ha espresso tale esplicita volontà con successiva comunicazione del 6 luglio 2018 e che pertanto l’atto presentato deve essere deciso dal Garante secondo le disposizioni applicabili al procedimento su reclamo attualmente contenute nell’art. 77 del Regolamento, nonché nell'art. 143 del Codice novellato - oltreché nel regolamento interno n. 1/2007 - per la parte compatibile con il nuovo quadro normativo; 

l’Ufficio ha provveduto, con successiva nota interna del 10 agosto 2018, a disporre la restituzione dei diritti di segreteria già versati dagli interessati per la presentazione del ricorso, tenuto conto della gratuità del reclamo espressamente prevista dal Regolamento (crf. art. 57, par. 3, Reg.);

VISTA la nota del 6 agosto 2018 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 21 agosto 2018 con la quale Google LLC e Google Italy S.r.l., rappresentate e difese dagli avv.ti Marco Berliri, Massimiliano Masnada e Alberto Bellan, hanno comunicato di non poter aderire alla richiesta avanzata dall’interessato in quanto:

non può dirsi integrato, nel caso in esame, il requisito del trascorrere del tempo che rappresenta elemento costitutivo del diritto all’oblio, tenuto conto del fatto che le circostanze contestate risalgono al settembre del 2013; 

l’interessato si è limitato ad affermare che il procedimento originario si sarebbe concluso per incompetenza del giudice presso il quale lo stesso era stato incardinato senza, tuttavia, “fornire ulteriori informazioni in merito allo stato del procedimento penale, il quale è con tutta probabilità ancora in corso”;

deve ritenersi sussistente un interesse pubblico attuale alla conoscibilità della vicenda in quanto la stessa ha ad oggetto reati gravi connessi all’attività imprenditoriale che il reclamante ancora oggi svolge nel settore delle energie rinnovabili;

la domanda diretta ad ottenere l’aggiornamento dei contenuti reperibili attraverso l’URL oggetto di richiesta deve ritenersi inammissibile nei confronti di Google in quanto il relativo diritto può essere esercitato solo nei confronti dell’editore del sito sul quale l’informazione è stata originariamente pubblicata (cd. sito fonte);

VISTA la nota del 13 settembre 2018 con la quale il reclamante, trasmettendo le proprie osservazioni in ordine al riscontro fornito da Google, ha:

ribadito la richiesta di rimozione dell’URL indicato nell’atto di reclamo eccependo l’inesattezza dei dati contenuti nell’articolo corrispondente in virtù del mancato aggiornamento delle informazioni inerenti la vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto;

rappresentato, con riguardo alle eccezioni sollevate dal gestore del motore di ricerca in ordine alla gravità dei reati contestati, che il pubblico ministero presso il tribunale riconosciuto competente a trattare il procedimento ha formulato richiesta di archiviazione evidenziando, in particolare, che “gli elementi raccolti non consentono di sostenere ragionevolmente l’accusa in giudizio [quanto al delitto di natura associativa ascritto al medesimo] anche alla luce degli esiti della fase cautelare”;

rilevato di non rivestire più alcuna carica in società aventi sede in Italia, come comprovato tramite deposito di un estratto di visura camerale;

CONSIDERATO, preliminarmente, con riguardo alla decisione nel caso di specie, che:

il trattamento effettuato da Google LLC nella circostanza incide in modo sostanziale sugli interessati unicamente nel territorio italiano (art. 56, par. 2, del Regolamento);

pertanto, in applicazione dell'art. 55, par. 1, del medesimo Regolamento, può ritenersi sussistente la competenza in capo al Garante del potere di trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente in quanto stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12); 

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dell'URL indicato in premessa, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea; 

RILEVATO che:

l’articolo riguardante la vicenda giudiziaria nella quale l’interessato è stato coinvolto, risalente al 2013, rimanda ad informazioni che risultano tuttavia non aggiornate con i dati riguardanti gli sviluppi successivi della stessa, con particolare riguardo all’intervenuta revoca della misura cautelare – con ordinanza, allegata all’atto di reclamo, nella quale si dà conto dell’insussistenza dei presupposti per disporre la detta misura causale – nonché alla pronuncia di incompetenza territoriale da parte dell’autorità giudiziaria presso la quale era stato originariamente incardinato il procedimento;

la notizia pubblicata nella pagina reperibile tramite l’URL oggetto di richiesta appare ripresa da altro sito, di cui è riportato il link all'interno della stessa, nel quale tuttavia l’articolo originario risulta rimosso;

l'aggiornamento della predetta notizia non potrebbe peraltro essere richiesto al gestore del sito non essendone noti gli estremi identificativi, ne potrebbe desumersi indirettamente per effetto di un’eventuale integrazione inserita all’interno della fonte originaria tenuto conto del fatto che l'articolo ivi pubblicato non è più presente;

tale circostanza comporta, nel caso di specie, che il pregiudizio subito dal reclamante non possa ritenersi bilanciato da un interesse della collettività a conoscere informazioni che risultano non rispondenti alla situazione attuale alla luce degli sviluppi procedimentali avuti dalla vicenda, tenuto peraltro conto del fatto che, come attestato da atti depositati nel corso del procedimento, il pubblico ministero presso il tribunale competente ha avanzato richiesta di archiviazione ritenendo gli elementi raccolti nel corso delle indagini non sufficienti a sostenere in giudizio un'imputazione a suo a carico;

RITENUTO di dover considerare il reclamo fondato in ordine a tale richiesta e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c), del Regolamento, di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, l’URL individuato nell'atto di reclamo quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell’interessato;

RICORDATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, dichiara il reclamo fondato e, per l’effetto, ingiunge a Google LLC di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, l’URL indicato nell'atto introduttivo quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell’interessato.

Il Garante, ai sensi dell'art. 157 del Codice, invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice. 

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 17 gennaio 2019 

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia