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I - Stato di attuazione della legge n. 675/1996 - Statistica, ricerca scientifica e ricerca storica - Relazione 2000 - 17 luglio 2001

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Relazione 2000

I - Stato di attuazione della legge n. 675/1996


Statistica, ricerca scientifica e ricerca storica

30. STATISTICA E RICERCA SCIENTIFICA
Con il provvedimento pubblicato nella G.U. n. 46 del 25 febbraio 2000 (in Bollettino n. 11/12, p. 115), l´Autorità ha promosso la sottoscrizione di codici deontologici e di buona condotta relativi al trattamento di dati personali utilizzati in vari settori di rilevante interesse generale tra cui la statistica e la ricerca scientifica. Tali codici rivestono un particolare rilievo giuridico poiché il loro rispetto diviene "condizione essenziale per la liceità del trattamento dei dati" (art. 6, comma 2, d.lg. n. 281/1999). Così come previsto dal provvedimento del Garante, i soggetti pubblici e privati maggiormente rappresentativi ed interessati a questo tipo di trattamenti (comprese le società scientifiche e le associazioni professionali), hanno partecipato nel corso dell´anno 2000 all´elaborazione dei codici deontologici che nei suddetti settori sono giunti ad una fase molto avanzata e sono oramai prossimi all´emanazione.

Il Garante, inoltre, ha affrontato la tematica della statistica e della ricerca scientifica in vari provvedimenti, rispondendo a quesiti o fornendo i prescritti pareri in ordine agli atti suscettibili di incidere sulla materia della protezione dei dati personali.

In tal senso il Garante ha espresso parere favorevole allo schema di regolamento governativo che stabilisce i criteri e le procedure per l´individuazione dei soggetti privati che partecipano al Sistema statistico nazionale (Sistan), nell´ambito del quale opera l´Istat insieme ad altri organismi pubblici impegnati nell´attuazione del Programma statistico nazionale.

Nel parere, fornito su richiesta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica, l´Autorità ha richiamato l´attenzione del Governo sull´esigenza di rafforzare ulteriormente le misure di tutela della privacy presenti nello schema di regolamento, e ciò anche attraverso un esplicito richiamo alle disposizioni del d.lg. n. 281/1999 riguardante il trattamento dei dati personali a scopo di ricerca storica, statistica e scientifica.

Con un parere fornito poi su richiesta del Ministero della sanità, in merito allo schema di decreto ministeriale che modifica il contenuto e la struttura del certificato di assistenza al parto ai fini delle rilevazioni statistiche sulle nascite, sulla mortalità infantile e sui nati affetti da malformazioni (parere del 10 aprile 2000, in Bollettino n. 11/12, p. 34), il Garante – come già riferito in altra parte della presente Relazione – ha chiarito che il trattamento dei dati personali contenuti nei nuovi certificatidovrà avvenire in modo tale da garantire la riservatezza delle informazioni più delicate come quelle riguardanti le interruzioni di gravidanza e l´anonimato delle madri che non consentono di essere nominate. L´Autorità ha, quindi, rilevato che il provvedimento risultava carente di apposite previsioni volte a garantire l´anonimato e la riservatezza delle informazioni che saranno inserite nel certificato.A tale riguardo il Garante ha chiesto al Ministero della sanità di inserire nel decreto misure che consentano di evitare l´identificazione, anche indiretta, della donna che ha partorito attraverso il collegamento tra i suoi dati personali e le altre informazioni contenute nel certificato di parto. I dati anagrafici dovranno, pertanto, essere conservati separatamente da quelli sensibili che possono rilevare a fini di ricerca statistica, come ad esempio le indagini sul numero delle interruzioni volontarie di gravidanza. L´Autorità ha inoltre sollecitato l´amministrazione ad integrare lo schema di decreto con una norma che estenda anche alle regioni l´obbligo di eliminare gli elementi identificativi diretti dai certificati di assistenza al parto che vengono trasmessi ogni sei mesi al Ministero della sanità e successivamente comunicati all´Istituto nazionale di statistica.

Il Garante, in un parere fornito su richiesta dell´Istat in merito allo schema di regolamento predisposto per disciplinare il quinto censimento generale dell´agricoltura (parere del 28 marzo 2000, in Bollettino n. 11/12, p. 71), ha inoltre rilevato che le modalità della raccolta non contrastano, in linea generale, con la disciplina sulla protezione dei dati personali ed ha suggerito all´Istat di modificare il regolamento al fine di garantire il trattamento delle informazioni soggette ad una speciale tutela. Nel corso della raccolta potrebbero, infatti, essere trattati anche dati sensibili riguardanti la libertà di opinione, come nel caso in cui l´azienda agricola censita aderisca ad un´associazione sindacale di categoria.In particolare, è stato chiesto di prevedere la possibilità di raccogliere le informazioni riguardanti le aziende iscritte direttamente dalle associazioni, subordinando la comunicazione dei dati sensibili al preventivo consenso scritto degli imprenditori agricoli.

L´Autorità, il 21 febbraio 2000 (in Bollettino n. 11/12, p. 70), ha fornito all´Istat il prescritto parere sul Programma statistico nazionale 2000-2002, ai sensi dell´art. 6-bis, comma 2, del d.lg. n. 322/1989, che prevede anche l´inserimento nel Programma delle finalità perseguite e delle garanzie previste, nonché i dati "particolari" da trattare, le rilevazioni per le quali i dati sono trattati e le modalità di trattamento.In tale occasione l´Autorità, esprimendo parere favorevole al Programma, ha segnalato l´opportunità di una maggiore attenzione all´esplicitazione delle garanzie che l´ordinamento ha predisposto a tutela degli interessati, con particolare riferimento ai diritti di accesso e rettifica previsti dalla l. n. 675/1996.

In merito alla richiesta di parere avanzata dall´Istituto nazionale di statistica sullo schema di regolamento di esecuzione del 14° censimento della popolazione, del censimento generale delle abitazioni e dell´8° censimento dell´industria e dei servizi (parere del 14 marzo 2001, in Bollettino n. 18, p. 37), richiesto ai sensi dell´art. 37 della legge 17 maggio 1999, n. 144, il Garante ha rilevato la necessità di prevedere che gli organismi esterni, ed in particolare quelli privati cui verranno affidate fasi di rilevazione censuaria tramite convenzione o contratti, possiedano requisiti di esperienza, capacità ed affidabilità tali da fornire idonee garanzie del pieno rispetto delle istruzioni ricevute specie in materia di riservatezza e sicurezza dei trattamenti. Analoghi requisiti devono essere opportunamente richiesti ai rilevatori e ai coordinatori i quali dovranno assumere anche la necessaria qualifica di "incaricati del trattamento" ai sensi degli artt. 8 e 19 della l. n. 675/1996, essendo tenuti alla stretta osservanza delle istruzioni ricevute e soggetti alla vigilanza sul corretto svolgimento dei compiti loro assegnati, nonché al segreto d´ufficio.

L´Autorità si è anche espressa su un quesito posto in ordine alla possibilità che un istituto scolastico di istruzione secondaria possa consegnare ad un docente universitario, che li aveva richiesti al fine di effettuare una ricerca sui "destini sociali" dei diplomati stessi, gli elenchi delle persone diplomatesi nel corso di alcuni anni scolastici (parere del 1° febbraio 2000, in Bollettino n. 11/12, p. 47). In proposito il Garante ha osservato che l´art. 17 del d.lg. 30 luglio 1999 n. 281, che ha inserito il nuovo art. 330-bis nel d.lg. 16 aprile 1994 n. 297, concernente "l´approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado", specifica che i dati degli studenti, già diplomati alla data di entrata in vigore della medesima disposizione, "possono essere comunicati o diffusi decorsi trenta giorni dalla notizia che le scuole e gli istituti scolastici, ovvero il Ministero della pubblica istruzione, rendono nota mediante annunci al pubblico". Le finalità della ricerca condotta dall´Università si colloca tra le iniziative volte a favorire (anche con il contributo dell´indagine statistica) la formazione, l´aggiornamento e la riqualificazione degli studenti e dei lavoratori, finalità che rientrano, infatti, fra quelle prese in considerazione dal citato art. 17 del d.lg. n. 281. Il Garante ha infine sottolineato come il ricercatore, nel ricevere i dati, è tenuto all´osservanza di tutti gli obblighi fissati, in via generale, dalla legge n. 675 e più specificamente dal citato d.lg. n. 281, con particolare riguardo alle modalità di trattamento e alla conservazione dei dati, nonché all´adozione delle prescritte misure di sicurezza.


31. RICERCA STORICA E ATTIVITÀ ARCHIVISTICHE

L´applicazione della normativa sui dati personali ai trattamenti effettuati per scopi storici ha avuto da sempre bisogno di un approccio particolare, conseguente all´esigenza di contemperare la tutela della riservatezza con l´attività di ricerca storica, che di per sé si pone in contrapposizione con il principio di conservazione temporanea del dato personale previsto dalla legge n. 675/1996.

Il legislatore comunitario, nei "considerando" nn. 29 e 40 e nell´art. 6 della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, ha previsto – purché gli Stati membri forniscano garanzie appropriate- che il trattamento dei dati personali per scopi storici non è ritenuto incompatibile con le finalità per le quali i dati sono stati precedentemente raccolti, ed ha attenuato l´obbligo di fornire l´informativa alla persona interessata qualora ciò risulti impossibile o implichi uno sforzo eccessivo.

Il Governo, sulla base delle leggi-delega nn. 676/1996 e 344/1998, ha emanato il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281 che ha innovato nel settore storico con disposizioni volte al bilanciamento delle diverse esigenze, sia attraverso modifiche alla legge n. 675/1996 (cfr., per esempio, art. 9, comma 1-bis), sia attraverso modifiche alla normativa previgente in materia archivistica (cfr. d.lg. 30 settembre 1963, n. 1409). Oltre ai cambiamenti relativi all´accesso alla documentazione contenente dati personali, il d.lg. 281/1999 ha previsto anche l´adozione di un importante codice deontologico per i trattamenti di dati personali per scopi storici, cui dovranno attenersi gli archivisti e gli utenti.

Tale codice, pubblicato a cura del Garante sulla G.U. n. 80 del 5 aprile 2001, è stato elaborato da un gruppo di lavoro composto da rappresentanti di soggetti pubblici e privati, società scientifiche ed associazioni professionali che operano nel settore della ricerca storica e degli archivi. Esso completa, integra e specifica la disciplina già introdotta con norma primaria dal d.lg. n. 281/1999. Si compone di tre parti rispettivamente dedicate ai principi generali, alle regole di condotta per gli archivisti e a quelle per gli utenti. Fra i principi generali è da sottolineare la necessità che l´utilizzazione di dati personali acquisiti nell´ambito della ricerca storica e dell´accesso ad atti e documenti si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone interessate, in particolare del diritto alla riservatezza e del diritto all´identità personale.

Le disposizioni del codice si riferiscono ai trattamenti effettuati in relazione ai documenti conservati presso archivi delle pubbliche amministrazioni, enti pubblici ed archivi privati dichiarati di notevole interesse storico. Gli archivi privati possono comunque comunicare alla competente sovrintendenza archivistica l´intenzione di applicare anch´essi le norme presenti nel codice.

Per quanto riguarda gli archivisti, il codice definisce regole di correttezza e di non discriminazione nei confronti di coloro che richiedano la consultazione di fonti storiche, e prevede che gli archivisti debbano tutelare l´integrità degli archivi e l´autenticità dei documenti - anche attraverso l´adozione di idonee misure di sicurezza - ed astenersi dal fare un uso personale delle informazioni di cui dispongano in ragione della propria attività, non disponibili agli utenti. Gli archivi che acquisiscono fonti orali sono tenuti a richiedere all´autore dell´intervista una dichiarazione scritta dell´avvenuta comunicazione degli scopi perseguiti e del consenso manifestato dagli interessati.

Per gli utenti, cioè per chiunque faccia ricerca storica, il codice individua cautele per la raccolta, l´utilizzazione e la diffusione dei dati contenuti nei documenti. Essi devono utilizzare i documenti conformandosi agli scopi perseguiti e delineati nel progetto di ricerca, sotto la propria responsabilità, nel rispetto dei principi di pertinenza ed indispensabilità di cui all´art. 7 del d.lg. n. 281/1999. Il principio del libero accesso agli archivi pubblici subisce talune eccezioni, introdotte con norme primarie, con riferimento ai documenti di carattere riservato relativi alla politica interna ed estera dello Stato (consultabili dopo cinquanta anni dalla loro data) e quelli che contengono dati sensibili e di carattere giudiziario (consultabili dopo quaranta anni). Il termine è di settanta anni se i dati sono relativi allo stato di salute o alla vita sessuale o a rapporti riservati di tipo familiare. Prima della scadenza dei termini è possibile consultare i documenti di cui sopra, con apposita autorizzazione rilasciata dal Ministro dell´interno, previo parere della Commissione per le questioni inerenti alla consultabilità degli atti di archivio riservati, cui partecipa, fra gli altri, anche un rappresentante del Garante. È importante sottolineare che quando viene concessa l´autorizzazione alla consultazione in deroga ai limiti previsti, questa, a parità di condizioni, deve essere rilasciata ad ogni altro richiedente. Tale autorizzazione può contenere cautele volte a consentire la comunicazione dei dati senza ledere i diritti, le libertà e la dignità delle persone interessate, come l´obbligo di non diffondere i nomi o di utilizzare solo le iniziali, tenendo comunque sempre presente il principio di pertinenza. Infine, nella diffusione dei dati, gli utenti devono astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico o dal descrivere abitudini sessuali riferite ad una determinata persona. La sfera privata delle persone note o che abbiano esercitato funzioni pubbliche deve essere poi rispettata nel caso in cui le notizie o i dati non abbiano alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica.

In conclusione, sembra opportuno evidenziare che l´Ufficio del Garante, nel marzo del 2000, ha segnalato alla Presidenza del Consiglio e al Ministero per i beni e le attività culturali l´esigenza di aggiornare il testo unico in materia di beni culturali e ambientali. Il d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 (recante, appunto, il nuovo testo unico in materia), infatti, ha inserito nel medesimo t.u. le disposizioni legislative vigenti alla data del 31 ottobre 1998, abrogando diversi articoli del d.P.R. n. 1409/1963 tra cui gli artt. da 21 a 25, riformulati negli artt. 107 ss. del medesimo testo unico. Tale riformulazione però non ha tenuto conto delle modifiche ed integrazioni apportate al d.P.R. n. 1409/1963 (artt. 21 e 21-bis) dal d.lg. n. 281/1999. Al fine di evitare tale situazione di incertezza, l´Autorità ha pertanto chiesto un intervento normativo di adeguamento, peraltro già previsto dalla legge-delega n. 352/1997 entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore.

Scheda

Doc-Web
1342158
Data
17/07/01

Tipologie

Relazione annuale